09/09/2012

LA BAMBINA CIECA E LA ROSA SONORA

2012_09_09_218
da un testo di Anna Maria Farabbi

«Lo stupore infantile di chi si sporge nell'anello del pozzo. Del pozzo cosmico. E chiede come un atto istintivo, allarmato, tenerissimo: dove da dove perché. E chiede dalle profondità del sé, con voce fragilissima. E questo chiedere fa un'eco impastata di vento e di frullo d'ali. Si modula, si orienta, si precisa, si potenzia come un velocissimo stormo vocale fino all'ombelico della pancia madre che è la vita mater, la vecchia, vecchissima, ancestrale mater. La durata del viaggio è la rosa sonora. Dentro cui agisce tutta la cultura del mito, della sensorialità, del simbolo, del suono e del silenzio organico». (Anna Maria Farabbi)


Mastropirro Ermitage Ensemble: Enrica Rosso: voce recitante; Vincenzo Mastropirro: flauti, direzione; Nicola Pisani: sax soprano/baritono; Domenico Bruno: pianoforte; Luigi Morleo: percussioni.
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Italiano
Sul palcoscenico pochi strumenti e uno schermo, in un palco sovrastante un'attrice: elementi semplici per uno spettacolo complesso che scorre via trascinandoti nell'incanto e nel dramma. La regista Anna Maria Farabbi ha messo in scena un testo poetico cui danno vita voci, suoni e immagini. L'attrice Enrica Rosso interpreta una bambina che, sull'orlo di un pozzo metaforico, si confronta con le proprie paure: non può vedere le immagini che scorrono sullo schermo sotto di lei perché è cieca, ma è lei stessa a crearle nella sua immaginazione. Ad ogni fase della recitazione, vera e propria partitura vocale, segue l'interpretazione musicale del compositore Vincenzo Mastropirro (flauti), a Nicola Pisani (ance), a Domenico Bruno (pianoforte) e a Luigi Morleo (percussioni).
Alla voce della bambina si sovrappone l'eco di una voce vecchissima, che lei suppone sia della nonna: «Nonnina grande nasci qualche parola, almeno qualche suono... Ti prego.». Ed ecco il battito cardiaco, poi il metronono e la musica si avvia, s'innalza, poi tace. La bimba per rincuorarsi recita una filastrocca, suscita un tema musicale da timido girotondo, che poi diventa ossessiva taranta. Nel nuovo silenzio un frullo d'ali, un cinguettìo e uno sparo, poi un vento fortissimo che la bambina invoca: Non prendermi la bocca, voglio cantare anch'io. Non portarmi via gli occhi, ho paura del buio!». Nel silenzio al fiatone della bambina si sovrappongono i suoni puri degli strumenti, senza note. «Oh, il mio povero cuore fulminato!» Musica. «Goccia il tempo. È potabile.» Musica.
Le fasi della terra, dell'aria, del fuoco e dell'acqua si sono concluse. Si riapre la profondità cosmica del pozzo, che può contenere l'universo esaltato dalla musica evocativa. Le voci della nonna e della bimba si intrecciano di nuovo, poi un vagito, una rinascita. La musica si apre come una ninna nanna per poi seguire vie sue, autonome. Le immagini impazziscono di velocità poi rallentano, insieme alla musica, e di nuovo ciclicamente: tonfo, frullo, metronomo, battito cardiaco, sparo, ninna nanna... per tornare alle origini e riprodursi in eterno. Le immagini di Massimo Achilli non hanno mai smesso di scorrere sullo schermo, suggestive tra il realistico e il surreale. Fine.
Si riaccendono le luci e la regista dialoga con il pubblico: qual è il motivo ispiratore dell'opera? La disabilità dell'anima, il più grave degli handicap. Come si spiega il titolo? "La bambina cieca e la rosa sonora" sono la sintesi perfetta tra il buio e il silenzio che ci sono e non ci sono, alternandosi.
Un po' storditi riemergiamo dal guscio ovattato del teatro come superstiti di un piccolo miracolo.

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