05/09/2013 - Pagine Nascoste

FRANKENSTEIN: A MODERN MYTH

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di Adam Low, Regno Unito, 2012, 48'

Anteprima italiana

Sono passati duecento anni da quando la scrittrice diciannovenne Mary Shelley creò il primo mito dell'era moderna: una travolgente storia di alienazione e arroganza scientifica, di umanità e intolleranza. Ma chi sono i Frankenstein di oggi, cosa consideriamo "mostruoso" e cosa ci fa davvero paura? Da Adam Low, regista di "The Hunt for Moby Dick" (Pagine Nascoste 2009), una riflessione sull'attualità delle figure dello scienziato pazzo e della sua insieme spietata e commovente creatura, che ne ripercorre le più note versioni: da Boris Karloff a Mel Brooks, al premio Oscar Danny Boyle, autore di un fortunato adattamento teatrale, Frankenstein ha acceso l'immaginazione di generazioni di artisti che hanno rivisitato e interpretato questo capolavoro gotico.
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Mary Shelley: una grande artista? La protagonista di una canzone di Guccini? La prima scrittrice di fantascienza? Un'icona punk? Potremmo rispondere affermativamente a tutte queste domande. Per farlo, partiamo da lontano. Non c'è bisogno di sottolineare come il mito di Frankenstein sia sempre attuale e facilmente ricollegabile a diverse tematiche contemporanee spesso richiamate anche dalla cronaca. Questo mito, infatti, rivive quasi quotidianamente tramite le notizie e gli approfondimenti che si diffondono ogniqualvolta l'uomo sfidi la natura o compia delle nuove scoperte scientifiche che aprono nuovi scenari e potenzialità, dando così adito a nuove possibilità di intervento e a nuove speranze, ma anche ad un accresciuto potere di manipolare le 'regole del gioco' con fini tutt'altro che altruistici e/o con effetti collaterali difficilmente computabili a priori. Le nuove scoperte costituiscono una minaccia o un'opportunità? Questa è la domanda di fondo che sembra trasparire dalla visione del documentario. L'occasione per la sua realizzazione è nata dall'interesse della BBC per l'argomento dopo la fortunata trasposizione teatrale del romanzo di Mary Shelley, che il noto regista cinematografico Danny Boyle ha messo in scena al National Theatre di Londra.  I documenti utilizzati per il montaggio del film dal regista Adam Low sono i più diversi: riprese della citata trasposizione teatrale con relative interviste agli artisti che ne hanno permesso la realizzazione, colloqui con ricercatori di varie discipline, scene di film precedentemente prodotti ispirati dal romanzo, immagini di repertorio tratte da servizi sul movimento punk, sul gossip del mondo del rock e sull'arresto di efferati criminali. Cos'hanno in comune tra loro questi svariati materiali? Per rispondere bisogna tornare indietro nel tempo e soffermarsi sulla complessità non solo del libro, ma anche della biografia dell'autrice. Mary Shelley, infatti, oltre ad esser nata in un periodo in cui giravano delle idee a dir poco 'rivoluzionarie' e venivano compiute molte importanti scoperte scientifiche, proveniva da una famiglia atipica per l'epoca: suo padre era un dottore ateo e sua madre una femminista, morta pochi anni dopo la nascita di Mary. Dopo questo inizio, che potrebbe già di per sé fornire innumerevoli spunti per, se mi perdonate il richiamo, un album di canzoni di Guccini, si aggiunge al quadro una fuga in Svizzera, dalla troppo conformista Inghilterra, per consentire a Mary e al marito Percy Shelley di raggiungere l'amico Byron e cercare di dar vita a quella che lo scrittore Philip Hoare descrive come una specie di 'comune'. Sarà per questa particolare storia personale, sarà per una mente particolarmente brillante e attenta, che Mary a soli diciannove anni arriva a scrivere quello che da molti viene di fatto considerato il primo romanzo di fantascienza propriamente detto, riuscendo al contempo a esprimere delle idee, direttamente o metaforicamente, che per l'epoca suonavano per lo più shockanti e blasfeme. Per questo la trasgressività dell'autrice viene spesso rapportata all'esplosione della cultura punk in Inghilterra e il gruppetto di inglesi in esilio viene paragonato, per la carica e l'estrosità, ai Rolling Stones degli anni '60 e '70. Con queste premesse non vi stupirà se, per cercare di dare un quadro il più ampio possibile della complessità e dei vari livelli di lettura del romanzo, vengano intervistati dal regista ricercatori di diverse discipline: biografi della Shelley, storici, esperti di letteratura ma anche di etica scientifica e psicologia criminale. Questo per valutare da un lato l'impatto letterario dell'opera e dall'altro le domande tutt'ora attuali che essa pone o ci fa porre su grandi temi, classici e non, come: la vita, la morte, la scienza e il potere degli scienziati all'interno di una società, il concetto di mostro nell'immaginario contemporaneo e la delicatezza dei primi anni di vita nello sviluppo di un individuo. Il documentario probabilmente pone più domande di quante ne aiuti a rispondere, anche se, ascoltando attentamente i commenti di alcuni ricercatori intervistati, viene dato più di qualche spunto per cominciare a formulare delle risposte. A voi la visione.

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