06/09/2013

LA FOLLIA AL TEMPO DI ZIGGY STARDUST

2013_09_06_118
Un nome ricorrente in qualsiasi conversazione su Bob Dylan, Van Morrison o Bruce Springsteen è certamente quello del saggista e biografo Clinton Heylin. Col suo approccio enciclopedico alla Popular music, è sempre pronto a far tesoro di un bootleg introvabile, o di una canzone dimenticata. Nel recente All the Madmen, Heylin rilegge alcune pietre miliari del rock inglese tra i '60 e i '70, alla luce dei loro protagonisti, in bilico tra genio e psichiatria. Dialogano insieme a lui l'editore e critico musicale Riccardo Bertoncelli ("Se una notte d'inverno un musicista") e lo psicoanalista Giovanni Battista Foresti. L'incontro è dedicato all'indimenticabile amico Carlo Dusi.
English version not available
Italiano
Inglese
Tra il '72 e il '73 uscirono cinque album inglesi destinati a cambiare la storia del rock, non solo per quanto riguarda la musica ma anche e soprattutto in riferimento agli argomenti trattati. "Ziggy Stardust" di David Bowie, "Quadrophenia" degli Who, "The dark side of the moon" dei Pink Floyd, "Pink moon" di Nick Drake e "Muswell Hillbillies" dei Kinks. Tutti avevano a che fare, in modi diversi, con il tema della pazzia. È questo l'argomento analizzato dal critico Clinton Haylin nel libro "All the madmen" (da una canzone dello stesso Bowie), insieme al critico musicale Riccardo Bertoncelli e allo psichiatra Giovanni Battista Foresti. Erano anni in cui la follia (spesso legata all'uso di sostanze stupefacenti) era protagonista nella cultura. Sia Donovan che gli Small Faces ad esempio scrissero un brano dal titolo "Mad Tom", guarda caso già titolo di una ballata inglese del XVI secolo. Ma quale fu la relazione tra la pazzia artistica (e non solo) e l'uso di droghe? Molti degli artisti analizzati crebbero dopo la Seconda Guerra Mondiale, che traumatizzò sicuramente i loro animi. Per tanti il rock fu sicuramente una terapia per il disturbo mentale, che spesso era insito nella genealogia della famiglia. È il caso di Bowie (forse il vero protagonista del libro di Haylin). Nel 1969 David conobbe la morte del padre e l'internamento del fratello in un manicomio. Ecco allora che "Space oddity" è una canzone sull'alienazione (aspetto, paradossalmente, rimarcato anche nella versione italiana del brano tradotto da Mogol come "Ragazzo solo"). Anche "Life on mars?" (il brano di Bowie costruito sulla stessa sequenza di accordi di "My way") poteva già essere letta nello stesso modo. La successiva incarnazione di Bowie, l'alieno (in tutti i sensi) Ziggy Stardust è una pazza rockstar. Altro personaggio chiave del periodo fu Syd Barrett, il diamante pazzo che diede vita ai Pink Floyd. La psichedelia mentale di Syd è riconoscibilissima nel primo album del gruppo "The piper at the gates of dawn" oltre che nel suo primo lavoro solista "The madcap laughs". Anche le opere successive del gruppo (che proseguì pure dopo la fuoriuscita di Barrett) saranno dedicate all'eccentrico musicista, da "The dark side" a "Wish you were here". Non si dimentichi poi che lo stesso "The wall" sarà un concept incentrato sul tema dell'alienazione. Alienazione che colpirà anche Syd, autoesiliatosi per quasi quarant'anni (fino alla morte nel 2006) tagliando completamente i propri rapporti con la società. Numerose e sentite le domande da parte del pubblico mantovano, che chiede a Haylin delucidazioni su altri artisti, da Roy Harper a Julian Cope, fino ad arrivare a Amy Winehouse. La tesi conclusiva di Haylin è che, effettivamente, la storia del rock sia stata caratterizzata da un'eccessiva idealizzazione della follia, che non fece bene né alla musica né alla psichiatria.

1Luoghi collegati

2Rassegne e temi correlati