07/09/2013 - Pagine nascoste

GOOGLE AND THE WORLD BRAIN

2013_09_07_PN1400
Evento ripetuto

di Ben Lewis, Regno Unito/Spagna, 2013, 89'

Archiviare tutto il sapere umano è stato un sogno fin dall'antichità, e recentemente sta diventando realtà: senza fare troppo rumore, Google ha infatti avviato da tempo la digitalizzazione di ogni testo stampato al mondo. Collaborando con alcune delle più prestigiose biblioteche, la corporation sta ridefinendo il concetto di copyright in nome del libero accesso per chiunque, ovunque. Secondo alcuni però il progetto rappresenta un furto su scala globale, il tentativo di monopolio sul patrimonio culturale, e il rischio di ridurre testi complessi a parole chiave e frammenti ad uso dei motori di ricerca. Una composita e agguerrita coalizione si è mobilitata contro questo ambizioso e controverso sogno tecnologico, denunciandone rischi e interessi.
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Se volessimo digitalizzare tutto lo scibile umano avremmo bisogno di molto spazio, prima di tutto. Nell'idea originale di Sergey Brin e Larry Page, fondatori del motore di ricerca più potente (e famoso) al mondo, Google, l'umanità ha bisogno di un grande cervello. Entrato a far parte del lessico comune ('googlare') e diventato un compagno a cui affidarsi nella ricerca d'informazioni nel mondo, Google non è più solo un canale per ricercare siti, immagini e indirizzi. Fornisce servizi all'avanguardia, semplici ma efficaci, utili e multitasking. Dalle mappe indoor e outdoor ai social network, dai video di Youtube ai canali personalizzati. "Google and the world brain", film presentato a gennaio al Sundance Festival e poi oggi al Festivaletteratura, mostra un progetto che va ben oltre i servizi finora offerti dalla compagnia. Tutti i libri prodotti - ma proprio tutti - vanno digitalizzati e inseriti in una grande biblioteca telematica accessibile dovunque e da chiunque. Vuoi un saggio praticamente estinto, da mercatini dell'usato e dipartimenti universitari? Google. Sei a caccia di quel romanzo in lingua originale che proprio non vogliono stampare in Italia? Google. Diventa così una risposta per tutto, anche per la crisi editoriale secondo le università americane (finora le più entusiaste) che hanno dato il loro appoggio: basta citare Harvard e Stanford. I dubbi ci sono: come la mettiamo con la questione copyright? Questo approccio 'open' non abbassa le già scarse possibilità di vendere dei testi? Anziché sollevarla, l'editoria non avrebbe un definitivo tracollo? Nelle Digital Humanities del futuro la risposta è: 'i don't care', non importa. Se vogliamo davvero andare verso una rivoluzione culturale di ampia portata non dovremmo più pensare alla lettura, al mercato editoriale e all'economia culturale come l'abbiamo fatto finora. In questa concezione di 'grande cervello' che raccoglie tutta la conoscenza umana è evidente la possibilità di avere a disposizione materiale facilmente reperibile e che probabilmente non farà la fine della carta. Ma persistono problemi 'tecnici' non indifferenti: chi paga quel lavoro mentale e fisico prodotto da uno scrittore, un professore, un editore? Chi mantiene attiva questa cultura se non c'è mai un rientro ma tutto veleggia verso il gratuito? Insomma, l'idea è buona, anche se bloccata dal 2011 in cause legali costosissime, ma se rimanesse solo un'idea? 

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