07/09/2013
GENITORI E FIGLI AL TEMPO DELLA CRISI
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Con eleganza e ironia, Paola Mastrocola, nei suoi romanzi, non ha mai smesso di raccontarci una società che sembra omologarsi al peggio, in cui a prevalere è il conformismo e che poche speranze lascia a chi vorrebbe provare a guardare altrove, o più in alto. Con rigore e vis polemica, nei suoi pamphlet ("La scuola raccontata al mio cane", "Togliamo il disturbo") ha cercato di mostrare come gli stessi atteggiamenti si siano radicati nella scuola, rischiando di lasciare i giovani senza più nulla: una preparazione su cui contare, un futuro verso cui tendere liberamente. Con "Non so niente di te" Paola Mastrocola torna al più ampio respiro del romanzo, proponendo in modo spiazzante il disastro del nostro tempo attraverso una storia di figli troppo educati per deludere le aspettative e genitori che non hanno mai trovato il tempo per conoscerli. La incontra il conduttore radiofonico Massimo Cirri.
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Italiano
Filippo Cantirami ha seguito per tutta la vita i suggerimenti e le indicazioni dei genitori. Pacato, intelligente, brillante, ha sempre studiato ottenendo i migliori risultati, ed ora la sua famiglia lo crede in America a completare gli studi di economia. Insomma un figlio modello destinato a dare seguito ad una prestigiosa carriera. Ma nessuno sa di quel giorno che ha cambiato il suo futuro: mentre studiava in biblioteca, Fil si è visto passare un calabrone davanti che sembra averlo guardato negli occhi e sussurrato nelle orecchie: «Lascia tutto e seguiti». Da quel momento Fil ha cominciato a pensare alla libertà, a cercare di capire quale fosse la vita che voleva, e non quella che i genitori si aspettavano da lui. Ma il segreto viene alla luce quando giunge la notizia che Filippo si è presentato per tenere una conferenza portando con sé 168 pecore. I Cantirami sono sconvolti: perché Filippo si trova in Inghilterra? Perché lo ha tenuto nascosto? E soprattutto, cos'è questa storia delle pecore?
"Non so niente di te", l'ultimo libro di Paola Mastrocola, è un libro sul rapporto fra genitori e figli, sulle difficoltà di comunicazione insite in questo tipo di rapporto verticale. Davanti ad un numeroso pubblico di spettatori l'autrice e Massimo Cirri, hanno preso spunto da questo racconto per affrontare le problematiche e i dissidi che ai giorni d'oggi affliggono i rapporti genitori e figli. L'errore più comune che i genitori fanno, secondo la scrittrice, è proiettare sui propri figli la propria visione del mondo e le proprie passioni, indirizzandone in qualche modo gli interessi. L'atteggiamento corretto, al contrario, sarebbe quello di offrire loro la possibilità di esplorare e conoscere tante cose in modo da lasciare loro l'autonomia di scegliere.
«Non dobbiamo più avere paura quindi, se uno dei nostri figli non ha voglia o interesse a studiare, a laurearsi, come la mia generazione è stata educata a fare. Ai miei tempi esisteva questa forte convinzione per la quale con lo studio, e attraverso lo studio si sarebbe fatto meglio. Dobbiamo evitare quindi di spingere i nostri figli ad ambire ad una carriera professionale qualificata, caricandoli di aspettative che non desiderano soddisfare. Perché la felicità, oggi, è trovare un'attività che ci appassioni talmente tanto da farci dimenticare di noi stessi mentre la stiamo facendo».
"Non so niente di te", l'ultimo libro di Paola Mastrocola, è un libro sul rapporto fra genitori e figli, sulle difficoltà di comunicazione insite in questo tipo di rapporto verticale. Davanti ad un numeroso pubblico di spettatori l'autrice e Massimo Cirri, hanno preso spunto da questo racconto per affrontare le problematiche e i dissidi che ai giorni d'oggi affliggono i rapporti genitori e figli. L'errore più comune che i genitori fanno, secondo la scrittrice, è proiettare sui propri figli la propria visione del mondo e le proprie passioni, indirizzandone in qualche modo gli interessi. L'atteggiamento corretto, al contrario, sarebbe quello di offrire loro la possibilità di esplorare e conoscere tante cose in modo da lasciare loro l'autonomia di scegliere.
«Non dobbiamo più avere paura quindi, se uno dei nostri figli non ha voglia o interesse a studiare, a laurearsi, come la mia generazione è stata educata a fare. Ai miei tempi esisteva questa forte convinzione per la quale con lo studio, e attraverso lo studio si sarebbe fatto meglio. Dobbiamo evitare quindi di spingere i nostri figli ad ambire ad una carriera professionale qualificata, caricandoli di aspettative che non desiderano soddisfare. Perché la felicità, oggi, è trovare un'attività che ci appassioni talmente tanto da farci dimenticare di noi stessi mentre la stiamo facendo».