08/09/2013

Maite Carranza con Simonetta Agnello Hornby

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bambini e adulti dai 14 anni in su
Maite Carranza è una delle scrittrici più amate dalle giovani generazioni. "Il clan della lupa" e la "Trilogia delle Streghe" sono stati bestseller tradotti in molte lingue. Con "Parole avvelenate", che si è aggiudicato il Premio Nazionale di Spagna per la Letteratura Giovanile nel 2011, abbandona l'ispirazione più fantasy per una storia dura e realistica, che riesce a raccontare il dramma di una quindicenne scomparsa da casa misteriosamente. Delle parole e delle storie, che raccontano le vittime di violenza, la scrittrice catalana parlerà con Simonetta Agnello Hornby, coautrice di "Il male che si deve raccontare per cancellare la violenza domestica".

Con il contributo dell'Istituto Ramon Llull, lingua e cultura catalane.
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Scrive sempre lunghi ringraziamenti, ha un'innata sensibilità e una grande generosità d'animo. Una delle personalità femminili (tra le molte presenti in quest'edizione di Festival) più forti e carismatiche, Maite Carranza, autrice spagnola pluripremiata e insegnante universitaria. Dieci sono gli anni che ha impiegato per riflettere sul maltrattamento psicologico e sulla violenza morale, pochissimo è invece il tempo che hanno impiegato i suoi romanzi per divenatre amatissimi dai lettori di tutto il mondo. Dopo essere rimasta scioccata dalla storia di Natascha Kampusch (la ragazzina austriaca rimasta prigioniera per otto anni dell'uomo che l'aveva rapita), ha iniziato a indagare sulle cause del bisogno assoluto di possesso che avevano spinto il sequestro e ha deciso di procedere all'abbattimento di tanti tabù che impedivano una corretta informazione sui maltrattamenti psicologici.
Nel suo ultimo libro "Parole Avvelenate" ogni capitolo riporta come titolo il nome di uno dei personaggi dei quali verranno espressi i punti di vista; punti di vista che ogni volta si dimostrano non aderenti alla realtà. Maite Carranza dà, infatti, voce alla falsità e alle menzogne che dicono le persone che vivono queste situazioni solo 'di riflesso' per dimostare che l'unico 'io' è quello della protagonista (l'unica a esprimersi in prima persona); l'attenzione è quindi rivolta a chi perde di giorno in giorno dignità, a chi si colpevolizza umiliandosi profondamente. L'autrice spinge la sua riflessione sull'amore che non è più rispettoso, incondizionabile e privo di compromessi, bensì diventa il 'tallone d'Achille' di chi perde l'autostima, la considerazione e l'affetto di se stesso. L'invito è quello di lasciare il posti alla 'resiliencia', ossia la capacità di superare i traumi e le perdite senza annullarsi.

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