04/09/2014

MEGLIO LA COMMEDIA!

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Gli ingredienti sono semplici, gli sviluppi imprevedibili: ci sono epopee familiari avviluppate nella profonda Lucania e tra le valli del Trentino, figli alle prese con misteriosi enigmi dal passato, padri e paesani che sembrano usciti dalle migliori commedie del cinema italiano e una colonna sonora che si muove tra progressive rock, sfrigolii di padelle e shaker impazziti. Su tutto c'è persino una manciata di affetto verso lo strano, incomprensibile paese che siamo. Conducono le danze Gaetano Cappelli (Stelle, starlet e adorabili frattaglie; Storie scritte sulla sabbia) e Piersandro Pallavicini (Una commedia italiana).
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Italiano
A Mantova, Gaetano Cappelli e Piersandro Pallavicini sono arrivati rispettivamente in Leopard e Jaguar chilometri zero. E solo per questo di cose di cui parlare ce ne sarebbero eccome. Ma giusto per rimanere in tema, dentro al suggestivo Tempio di San Sebastiano «È un tempio pagano, vero? Cioè le parolacce possiamo dirle?», chiosa Cappelli, si parla di commedie e di risate. Di come due autori di età, regione e origini diverse siano approdati a questo genere letterario, con moltissima soddisfazione. Cappelli, lucano d'origine, ci è arrivato seguendo l'onda dei videoclip, in cui tutto succedeva in tre minuti, per iniziare a scrivere mix tra romanzi spy e di formazione, storie d'amore in ufficio, sempre con un occhio ironico. Tanto da risultare normale l'approdo alla commedia. Pallavicini invece, lombardo, professore universitario di chimica, con un passato tra le radio libere e l'amore per i fumetti, inizia a scrivere tardi e affronta subito romanzi in cui scava in se stesso, nelle sue sensazioni, nel dolore. E capisce che si trova meglio a scrivere cose divertenti. Anche l'idea di commedia da cui partono è diversa: secondo l'autore di "Stelle, starlet e adorabili frattaglie", dobbiamo prendere come modello Dante Alighieri e la 'sua' "Commedia", dove l'inizio è sempre peggiore della fine, in cui tutto si risolve e ricompone. Chi scrive la commedia, per Cappelli «fa un servigio, portando un sorriso all'italiano che di natura vede solo il tragico delle cose, nonostante la stampa da noi preferisca lasciare più spazio invece gli autori con la sofferenza negli occhi». Pallavicini scrive invece partendo dall'idea di commedia della filmografia italiana anni '60, e nei suoi libri il senso del comico serve soprattutto ad andare avanti affrontando la tragedia, a «guardare la vita dall'alto e, nonostante tutto, prenderla a risate in faccia». Per l'autore di "Una commedia italiana" la vera comicità è spiazzante, è sempre spontanea e sorprendente. Tanto che l'unico lettore di cui si fida, a parte la moglie «che ha un senso dell'humour terribile, ma forse questo non dovevo dirlo» è proprio se stesso. «Se dopo qualche tempo che l'ho scritto ancora mi fa ridere, allora funziona. Altrimenti cancello e lascio un buco». Tra le risate del pubblico si passa quindi alla lettura di qualche pagina di entrambi i libri, non prima di aver parlato del loro rapporto con Facebook. «Lo usate o lo snobbate?» chiedono dalla sala. La risposta, praticamente all'unisono: «Macché snobbarlo, vorrei riuscire ad usarlo di meno!» E se lo dicono loro.

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