06/09/2014 - Lavagne
STELLE DI PLANCK
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I buchi neri osservati dagli astronomi sono ormai oggetti abituali. Se ci stupiscono ancora è perché fanno proprio quello che devono fare secondo le nostre teorie. Eppure nascondono ancora misteri: dove finiscono le cose che vi finiscono dentro?
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Una scritta alla lavagna. Una formula lunga e piena di lettere. Il fisico e saggista Carlo Rovelli ci catapulta subito nel mondo dell'astronomia. L'atmosfera è magica: è sera e Piazza Mantegna è piena di gente. Sono tutti pronti ad ascoltare il mistero delle "Stelle di Planck". Rovelli comincia subito, gesso alla mano, partendo da quelle che sono le nozioni più certe riguardo i buchi neri. La curiosità del pubblico si accende rapidamente e, sentendosi coinvolto in una vera e propria lezione scolastica, inizia presto a fare domande. Parlare di elementi così lontani e a volte quasi inimmaginabili, non è semplice. Sembra quasi una favola, la descrizione di un'ambientazione di qualche film di fantascienza. Poi la questione diventa più concreta, più vicina a noi, quando il buco nero in questione è il "Sagittarius A*", situato esattamente al centro della nostra galassia. Fino a questo punto, Carlo Rovelli ci ha presentato una scienza 'già fatta'. Ma la parte più sorprendente deve ancora arrivare, ed è quella che riguarda la scienza che 'si sta facendo'. La domanda fondamentale arriva dal pubblico, sempre più coinvolto: ma se i buchi neri assorbono la materia e ne impediscono la fuoriuscita, questa materia dove va a finire? Semplice, non si sa. Anticipato e incalzato dalla domanda di un bambino, Rovelli svela una teoria nuova per buona parte degli spettatori: la teoria dei buchi bianchi. Per tentare di darne una spiegazione, entra in gioco la meccanica quantistica, secondo la quale c'è un limite di compressione oltre al quale la materia non può più spingersi. Sembra quindi molto verosimile l'ipotesi che tutta la materia concentrata al centro del buco nero, che forma così la "Stella di Planck", compia una sorta di rimbalzo, dando origine a una situazione opposta in cui ogni elemento continua ad uscire. Questo è un buco bianco. Affascinante. Eppure, il momento più stupefacente non è ancora arrivato; è con emozione che Carlo Rovelli ci parla del tempo, e dei suoi cambiamenti a seconda del luogo in cui ci troviamo. Noi non riusciamo a vedere questo rimbalzo, queste esplosioni dei buchi neri, anche se avvengono in un tempo brevissimo, perché più ci si avvicina al centro, più il tempo rallenta, e per noi, che da questo centro siamo molto lontani, un secondo nel buco nero dura dieci milioni di anni. Sembra assurdo, degno del miglior romanzo fantascientifico. È la dimostrazione che spesso la realtà è ancora più sorprendente della più incredibile delle fantasie.