07/09/2014 - Pagine Nascoste

PROFEZIA. L'AFRICA DI PASOLINI

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Evento ripetuto di Gianni Borgna e Enrico Menduni

Italia, 2013, 80 minut

i Dopo Accattone (1961) Pasolini cerca in Africa la genuinità contadina e quella forza rivoluzionaria che invano aveva cercato nel suo Friuli e poi nel sottoproletariato romano. Il film esplora questa speranza che finirà in una nuova cocente delusione: l'Africa è un serbatoio di contraddizioni insanabili che esploderanno negli scontri, nelle dittature, nei massacri di ieri e di oggi. È un'Africa sfrangiata e dagli incerti confini, che parte dalle periferie del primo mondo. L'afflato profetico di Pasolini continua a turbarci, quando descrive - trent'anni prima - l'esodo degli africani sui barconi e la loro 'conquista' dell'Italia. Ma il poeta è destinato a una morte prematura, come Accattone, a cui è dedicato l'inizio e la tragica fine del film.
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Il documentario di Gianni Borgna e Enrico Menduni, "Profezia: l'Africa di Pasolini", è una piacevole sorpresa. I due registi non si limitano a fare il punto sulla passione pasoliniana per il terzo mondo, ma spaziano sul trasporto dell'intellettuale per il 'popolo' in generale, in tutta la complessità e ambigua valenza del termine. In un primo momento la passione dello scrittore per il popolo, nella sua polivalenza sociale e culturale, è giustificata dalla presunta purezza di cuore degli ultimi, ancora intaccata dalla corruzione dei costumi.  Quest'ammirazione totale e contraddittoria a un certo punto si spezza: con il boom economico il popolo italiano smette di essere tale per Pasolini, in quanto si corrompe moralmente, animandosi dei desideri frivoli della società dei costumi. Il nuovo oggetto del suo amore, quindi, diventa il popolo incorrotto del terzo mondo, ancora lontano dal rischio di cadere nell'invitante trappola dei consumi sfrenati, innaturali e spersonalizzanti. L'establishment di sinistra, soprattutto marxista, ha sempre rimproverato al poeta un'eccessiva idealizzazione, assieme 'naif' e conservatrice, del concetto di popolo. Pasolini associava sempre ad esso la ruralità o la povertà, economica e culturale. E trovava queste caratteristiche tra i contadini friulani come tra i 'borgatari' della Roma sottoproletaria. Per questo motivo, quando questo popolo comincia ad ambire a posizioni sociali più elevate o a desiderare il possesso di beni o divertimenti tipicamente borghesi, Pasolini non può più amarlo. Gianni Borgna ed Enrico Menduni attualizzano il parallelismo pasoliniano tra il terzo mondo e il popolo italiano antecedente alla corruzione capitalistica. Gli attuali imigrati, infatti, si trovano a vivere nelle periferie degradate delle grandi città, là dove un tempo vivevano le classi sociali più basse, cioè il popolo più vero nell'immaginario del poeta. Questa non è stata l'unica incomprensione tra Pasolini e gli altri intellettuali: Borgna e Menduni ricordano anche lo stigma degli intellettuali di sinistra francesi all'uscita de "Il Vangelo secondo Matteo", definito dalle malelingue «un film fatto da un prete per i preti» e difeso dal solo J. P. Sartre. Il documentario è un'occasione preziosa per conoscere meglio il poeta evitando la consueta eccessiva retorica che circonda il personaggio. Tra i molti temi trattati anche le ragioni del passaggio dalla letteratura al cinema: il secondo, dichiara Paolini, gli permetteva di rappresentare la realtà attraverso la realtà stessa e non attraverso il veicolo simbolico della scrittura. Così come "Profezia. l'Africa di Pasolini" permette di scoprire Pasolini attraverso Pasolini stesso, la sua voce, le sue azioni e le sue parole.

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