07/09/2014

I TAVOLI DELLA SCRITTURA

2014_09_07_208
Nel saggio intitolato La casa ideale, Robert L. Stevenson sostiene che lo studio dello scrittore deve avere cinque tavoli: uno per il lavoro del momento, uno per i libri da consultare, uno per manoscritti e bozze, un quarto sgombro per ogni occorrenza e un quinto per le carte geografiche. Anche il lavoro letterario di Claudio Magris ha sempre visto impegnati più tavoli contemporaneamente: uno per la narrativa, uno per la scrittura saggistica rivolta alla letteratura o a temi civili, uno per l'attività giornalistica, un ultimo alla corrispondenza privata, alle lettere scambiate con amici e maestri. Su quest'ultimo tavolo poggia il carteggio con Biagio Marin, il grande poeta friulano con cui Magris tenne per oltre trent'anni un fitto scambio epistolare, oggi raccolto in Ti devo tanto di ciò che sono. Una relazione intellettuale intensissima, affettuosa, a volte conflittuale, che ha lasciato un'eredità sensibile nella vita e nell'opera dello scrittore triestino.
English version not available
Italiano
«A 14 anni avevo già letto Dostoevskij, ma neppure una riga di autori triestini, per una sana e sbagliata diffidenza». Claudio Magris, all'evento di oggi in Piazza Castello, ha voluto spiegare una volta per tutte il grande contributo che gli artisti friulani hanno dato alla cultura italiana, uno su tutti il poeta Biagio Marin con cui Magris ha intrattenuto una fitta corrispondenza intellettuale. Ecco come diversi tavoli, in una sorta di salotto di scrittura, impegnano i due scrittori. Narrativa, poesia, saggistica e corrispondenza privata diventano tutti frutti di uno stesso grande albero: quello della scrittura più fertile. Biagio Marin e Claudio Magris hanno molte differenze ma mantengono un contatto per quasi trent'anni e arricchiscono i loro pensieri con critiche lucide alla contemporaneità, alla storia, al passato e al presente. Presentando al Festivaletteratura il libro che racconta proprio questo rapporto, "Ti devo tanto di ciò che sono", Magris ha aperto una porta piuttosto intima a coloro che erano in ascolto. Quante sfaccettature può avere un uomo di cultura e quanti testi possono rappresentarlo? Proprio un passo del testo può spiegare lucidamente cosa ha significato avere un amico che riuscisse a sviscerare e stimolare il proprio pensiero intellettuale: «Con uomini come me bisogna perdere tanto tempo e magari anche l'anima», scrive Marin. Altro aspetto interessante è proprio lo scambio tra un maestro della cultura italiana, un uomo dell'Ottocento, come si definiva lui stesso, e l'allievo Magris, che all'epoca dei primi scambi epistolari aveva solo sedici anni contro i sessantaquattro del poeta, che ha raccolto la sua eredità e il suo pensiero. 

1Persone correlate

1Luoghi collegati

1Enti correlati