07/09/2017

PHILIP ROTH E L'AMARA SINFONIA DEL TEMPO

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Si scrivono romanzi per ingannare il tempo, in tutte le accezioni che tale espressione comporta. Philip Roth, con la sua carriera esemplare, non fa eccezione. Passa per essere lo scrittore dell'emancipazione ebraica, per il paladino delle libertà sessuali, l'onanista, il fornicatore, l'irriverente... E in un certo senso è tutte queste cose, e molte altre. Ma soprattutto, come tutti i romanzieri sommi, è un nostalgico ossessionato dall'irrecuperabilità dei bei tempi andati. Stando ai suoi romanzi si può ipotizzare che appartenga al club esclusivo di individui che hanno avuto un'infanzia felice in una grande prospera nazione felice. Ebbene, ne ha fatto uno dei temi segreti dei suoi libri, una delle ragioni per cui chi li legge non riesce a staccarsene e non li dimentica. Una lezione di Alessandro Piperno ("Il manifesto del libero lettore").

L'evento 061 ha subito variazioni rispetto a quanto riportato sul programma. Originariamente il suo svolgimento era previsto presso Palazzo d'Arco.
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Il massimo scrittore vivente raccontato da Alessandro Piperno «Anche la letteratura è vita». Questo potrebbe essere il motto di Philip Roth, scrittore statunitense definito come il massimo scrittore vivente, nonché protagonista della lezione tenuta da Alessandro Piperno, scrittore italiano e professore dell'Università di Tor Vergata, presso il Palazzo San Sebastiano. Chi è veramente Philip Roth? Poco si sa della sua vita estremamente riservata, l'unica cosa certa è una: lui viveva per il suo mestiere. Del resto vivere per la letteratura per Roth significava lavorare mattina e pomeriggio 7 giorni su 7 in maniera instancabile per riuscire a completare, seguendo questo ritmo, un romanzo dopo 3 anni. Nonostante le apparenze, questo scrittore stacanovista non ha vissuto la vita ordinaria che potremmo immaginare, la sua è una vita che per uno scrittore può essere solo definita esemplare. Come spiega Piperno, infatti, nella carriera di un autore che ha raggiunto un enorme successo da giovane, come nel caso di Roth, lanciato nel panorama letterario americano in seguito alla pubblicazione nel 1969 de "Il lamento di Portnoy", spesso capita che dopo quello straordinario esordio lo scrittore smetta di scrivere, bloccato dall'idea di aver già creato il suo miglior lavoro. Naturalmente questo non è il caso di Philip Roth la cui vita, continua Piperno, si può descrivere come una parabola fatta di alti e bassi, in cui si alternano anni di produzione intensa ad improvvise pause. «È semplicemente riuscito a staccare la spina nel momento giusto, con un po' di civetteria» scherza il relatore. Ma cosa rende veramente Philip Roth il massimo scrittore vivente? Molti lo definirebbero irriverente, esemplare, geniale, ma l'unica cosa che rende l'americano Philip Roth il massimo scrittore vivente è la sua nostalgia dei bei tempi andati. Il suo capolavoro "Pastorale americana" non sarebbe uno dei massimi esempi di letteratura americana se non ci fosse stato in lui in un determinato momento quel cambiamento nella sua visione del mondo, che lo ha portato a smettere di scrivere dal punto di vista del figlio per mettersi invece nei panni del padre. È in quel momento che Roth scopre l'inesorabilità della vita ed è esattamente in quel momento che la scrittura di Roth non può far altro che entrare per sempre nell'animo dei suoi lettori.

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