08/09/2017
L'ANTICA QUIETE DEL MUSCHIO
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«Possa il Vostro regno/ durare mille e mille generazioni/ fino a quando le pietre/ diverran rocce/ tutte coperte di muschio»: così recita l'antica poesia del Kokinshū che i giapponesi hanno scelto come loro inno nazionale. Il muschio viene prima della meraviglia dei fiori e del vigore degli alberi, è la natura stessa che si posa involontaria e umile sulle cose. Nel giardino giapponese il muschio conserva la memoria del tempo, ed è il tessuto erboso dove si incontrano i vivi e i morti, sul quale i monaci appoggiano il capo per sognare. Véronique Brindeau, esperta di musica e poesia giapponese ed autrice di "Elogio del muschio", ci invita a guardare con altri occhi a questi morbidi tappeti vegetali ignorati dai giardinieri d'Occidente, in compagnia di Marcello Ghilardi, ricercatore di Estetica presso l'Università di Padova.
Francese
Véronique Brindeau e la meraviglia del muschio
Un elogio doveroso al «più umile e meno intenzionale dei tappeti verdi». Una lode speciale dedicata a un elemento di cui i nostri giardini farebbero molto volentieri a meno. Ignorato o disprezzato - se non estirpato - in Occidente; conosciuto, apprezzato e celebrato in Giappone, dove uno dei più bei giardini nazionali, a Kyoto, è dedicato proprio ai muschi.
"Elogio del muschio" (Casadei, 2013) non è una difesa razionale del muschio, ma una contemplazione attenta che Véronique Brindeau, musicologa e docente di musica giapponese a Parigi, ha dedicato a una di quelle realtà che i saperi della cultura del Sol Levante sanno riconoscere - ed esaltare - nel rapporto con l'energia vitale della natura. Tra poesia, antico mito e botanica, l'autrice si fa testimone delicata di un universo di centinaia di muschi: dal «muschio della memoria" al «muschio della brina che si posa», dal muschio «pennello di Yamato» al «muschio lanterna», tutte entità con un'identità ben definita da nomi, da forme e da modi. E anche da un suono - quello dei loro nomi - che ne restituisce il colore e l'energia.
Sì, il muschio è una realtà minima. È una cosa piccola e - come ha sottolineato Marcello Ghilardi, esperto di estetica e cultura giapponese - sta «sotto, in basso e prima»: sotto ai piedi, collocato solitamente nella parte inferiore dello spazio che ci circonda e prima, tra le più antiche forme vegetali esistite sulla Terra. Prima degli uomini, degli alberi e dei fiori. Senza radici, si muove. Non accetta imposizioni, è libero. Non si abbarbica, ma si insinua e trova una forma di resistenza - e di esistenza - che lo avvicina alla natura dell'uomo.
Un libro, ma soprattutto un'esperienza come invito e rimedio contro l'indifferenza e la fretta di quel flusso spesso incontrollato che ci circonda. Perché la cura, l'attenzione e la conversione del nostro sguardo verso le cose piccole, intime, vere e speciali sono una scelta (bellissima).