09/09/2020

RADICI NEI MIEI PENSIERI

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«Prigioniero a Mantova». Così si è sentito Antonio Moresco (Canti del caos, Il grido) nei passati mesi di quarantena, in isolamento per la pandemia nella città che gli diede i natali, costretto tra quattro mura come le piante d'appartamento. Abituato a scrivere dappertutto – «nella sala d'aspetto di una stazione, su delle panchine, sui treni, a letto dopo essermi svegliato di soprassalto per l'irruzione improvvisa di un'idea, in residence disabitati, in camere di passaggio» – ha dovuto necessariamente fermarsi a meditare, tra silenzi notturni e desolazione dovuti all'emergenza sanitaria. Trasformando la reclusione in nuova occasione di scrittura, Moresco ha intrapreso una riflessione (Canto degli alberi) sul rapporto fisico e metafisico tra l'essere umano e la Natura e sulla forza di adattamento degli alberi casalinghi e cittadini, «capaci di germogliare in luoghi inattesi». Lo incontra Bianca Pitzorno, scrittrice che di alberi, silenzi, sogni di fuga ha spesso raccontato nei suoi libri (La casa sull'albero, La bambinaia francese, Il sogno della macchina da cucire).
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