07/09/2006

Elie Wiesel con Giulio Busi


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Nato in Transilvania, nel 1944 Elie Wiesel viene deportato con la famiglia prima ad Auschwitz poi a Birkenau. La notte, divenuto ormai un classico della letteratura mondiale, è il romanzo in cui Wiesel racconta per la prima volta la propria esperienza. Da allora il suo impegno come testimone del genocidio e a difesa di tutte le popolazioni oppresse non è mai venuto meno. Dopo il Premio Nobel per la Pace nel 1986, ha dato vita con la moglie Marion alla Elie Wiesel Foundation for Humanity. Lo incontra Giulio Busi, studioso di cultura ebraica.

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Incontro particolare quello tra Elie Wiesel e il pubblico di Festivaletteratura in piazza Castello. Sullo sfondo rimane certamente l'esperienza del campo di concentramento, direttamente vissuta dal Premio Nobel, ma da qui si parte per un discorso più ampio che arriva dritto ai giorni nostri. Dal silenzio, stato dell'animo particolarmente caro all'autore, si arriva al linguaggio, che deve avere la funzione di comunicare e descrivere la realtà. Wiesel infatti racconta storie con le quali cerca una spiegazione e una via d'uscita alla sua esperienza dell'Olocausto, come l'amicizia o il rapporto con Dio, o addirittura il suicidio (che sarà purtroppo la via scelta da Primo Levi). Nella notte c'è un conflitto fortissimo tra Dio e l'autore: alla fine la sua fede ne uscirà ferita ma avrà anche la certezza che «si può vivere con Dio o contro Dio, ma non senza Dio». E naturalmente non mancano giudizi anche terribili sul presente: «Il mondo non ha imparato la lezione» e tutti i conflitti e i genocidi in atto sono la conseguenza di ciò che è già successo. Ma alla fine rimane spazio anche per una speranza, quella di vedere uno stato palestinese e uno israeliano finalmente in pace. Perché «Gerusalemme è una città che ti fa sognare e ti fa cantare».

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