06/09/2007

Frank McCourt


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«Ehi professore. Lei dovrebbe scrivere un libro, sa?». Frank McCourt ci ha pensato e ripensato, e un giorno, a più di sessant'anni, ha deciso che era venuto il momento di dar retta a quello studente. Da allora ha iniziato a scrivere con ironia delle tragiche ed esaltanti esperienze della sua vita: ne sono usciti libri come "Le ceneri di Angela" (premio Pulitzer nel 1997); "Che paese, l'America!" e il recente "Ehi, prof!", in cui racconta la sua lunga esperienza di insegnamento nelle scuole americane. Lo incontra Fabrizio Fiocchi, anche lui insegnante.

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Alle cinque e un quarto precise piazza Castello è ormai colma di gente, pronta ad accogliere con un caloroso applauso Frank McCourt. Prima di entrare nel vivo della discussione, l'autore viene preceduto da un breve preambolo, la sintesi della sua biografia: un uomo che, dopo aver superato una miserabile infanzia in Irlanda e dopo essere sopravvissuto negli Stati Uniti tramite alcuni, piccoli e poveri lavoretti, diventa insegnante di scuola superiore, poi di università. Ottiene il successo con il romanzo "Le ceneri di Angela", seguito da "Che paese, l'America" e "Ehi, prof!". Ed è su quest'ultimo romanzo che si incentra la conferenza; si tratta di un testo che riguarda l'educazione, la persona dell'insegnante, il rapporto tra studenti e professori e naturalmente la personale esperienza di McCourt. Dunque, dopo la biografia dell'autore si apre una sorta di polemica: Frank McCourt si rammarica del fatto che l'insegnante, solitamente, nella società odierna, è un individuo poco considerato, mal pagato, e tristemente ignorato. Al giorno d'oggi, sono i pedagogisti e gli altri esperti di didattica le attrazioni migliori, coloro che vale la pena di tenere in considerazione o di invitare a qualche trasmissione televisiva. A questo punto McCourt si domanda: chi più dei semplici insegnanti, senza aver appreso nulla, riesce a far fronte alle più diverse e talvolta assurde situazioni che possono presentarglisi in una classe? Senza esitazione l'autore confessa che nella sua classe, più che insegnare, è dovuto sopravvivere: per esempio, raccontare episodi della sua vita ai suoi alunni, come il lavoro di scaricatore di porto, ha contribuito a fargli mantenere valida la sua professione tra ragazzi che, conoscendo le sue misere origini per sentito dire, lo avevano già schedato come un incapace. Frank McCourt, successivamente, non abbandonando mai un certo umorismo nell'esprimersi, dalla sua persona e dalla figura di insegnante passa a questioni più generali, addirittura al problema dell'educazione, almeno per quel che concerne gli Stati Uniti: il problema dell'istruzione sono i politici, che interferiscono troppo nelle scuole, riducendo tutto a degli standard; incrementano i test, i quali costituiscono controproducenti forme di controllo. L'idea di educazione di Frank McCourt consiste nell'insegnare ai ragazzi a pensare; ma quando questi pensano, inevitabilmente vengono frenati dai test. Ma per l'autore è anche doveroso citare alcuni degli aspetti più affascinanti dell'insegnamento, come la possibilità di imparare divertendosi, seppur sia un fatto raro, ed il costruttivo rapporto che va creandosi tra professore ed allievi, i quali, scrutandosi a vicenda, diventano psicologi. In un cortile gremito di insegnanti di ogni genere e classe, la domanda sorge spontanea: «Perché non siete a casa a correggere i compiti?». Non avrebbe potuto esordire in modo migliore Frank McCourt per introdurre il suo ultimo libro "Ehi prof!", il cui titolo originale è "Teacherman", ossia uomo-insegnante, termine che sottolinea l'importanza che McCourt attribuisce a questa professione. Perché nonostante il mestiere di professore non sia certamente una professione 'sexy', affascinante o glamour, strapagata e considerata dai più noiosa e degradante, per lui è l'impiego più bello del mondo, e può anche provarlo, perché lui lo è stato! "Ehi prof!" è l'irresistibile testimonianza di trent'anni di insegnamento nelle scuole superiori americane che rende il confine tra chi insegna e chi impara sempre più labile; già, perché quando McCourt ha incominciato a insegnare non ne sapeva proprio niente di pedagogia, didattica e quant'altro. E allora non poteva far altro che affidarsi alla propria esistenza, perché «la mia vita mi ha salvato la vita», nel senso che raccontare le proprie esperienze gli ha permesso di andare avanti e di sopravvivere in classi con in media 35 ragazzi, in piena crisi adolescenziale e combattere ogni giorno con i problemi di acne e amore degli studenti. «La mia vita mi ha salvato la vita»: un'infanzia infelice, irlandese e cattolica, il lavoro nei docks come scaricatore, un padre che ogni venerdì spende i propri soldi nei pub, fratellini che muoiono come mosche, e una madre (quella delle "Ceneri di Angela", il suo primo romanzo) impotente, hanno permesso a McCourt di diventare una persona migliore. Un professore prima ancora di diventere un romanziere acclamato che «ha quasi incontrato Whitney Houston» e che gira per l'Italia «per promuovere i suoi libri e incontrare belle donne»! Da solo, il mestiere di professore non riesce a farti avere successo, ma ti permette di crescere e insegnare ai ragazzi a pensare con la propria testa, anche attraverso metodi non proprio ortodossi, come quello di mangiare un panino volato in classe o proporre ai propri studenti di scrivere necrologi su se stessi e sugli insegnanti. E allora capisci che grande maestro sia stato e che grande scrittore è. E quando auspica la creazione di una notte degli Oscar dedicata agli insegnanti, un grande evento mediatico che richiami tutti e che finalmente rivaluti l'insegnamento e lo renda attraente agli occhi dei più, il premio per il miglior insegnante in pensione, nonché scrittore, lo vincerebbe sicuramente lui, Frank McCourt.

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