08/09/2007

Mohsin Hamid con Renzo Guolo

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Non sempre l'analisi politica permette di cogliere la complessità psicologica del conflitto d'identità. Mohsin Hamid, autore del best seller internazionale "Il fondamentalista riluttante", ritiene che solo la letteratura possa «mostrare a cosa possano portare in un giovane uomo la combinazione di insicurezza, invidia, confusione mentale, senso di impotenza». Il romanzo racconta la storia di un giovane pakistano, brillante analista finanziario trapiantato a New York, che l'11 settembre vede scuotere le sue certezze: «Vidi crollare prima una, poi l'altra delle Torri Gemelle. E allora sorrisi». Dialoga con Hamid Renzo Guolo.  


L'evento 147 ha subito variazioni rispetto a quanto riportato sul programma. Originariamente era prevista la presenza di Gad Lerner, sostituito successivamente da Renzo Guolo.
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Mohsin Hamid affronta, nel suo ultimo romanzo "Il fondamentalista riluttante", temi quanto mai attuali. I problemi politici sono sullo sfondo (il contrasto e le divisioni culturali tra Occidente e mondo musulmano, l'attacco alle Torri gemelle), ma l'autore si concentra sul travaglio di un uomo, il giovane pakistano protagonista della storia, che dopo l'11 settembre vive una profonda crisi d'identità. Si è stabilito in America, ha una carriera in ascesa, ma non può non pensare al suo paese natìo e alle ritorsioni che seguiranno dopo l'attacco terroristico. Changez, questo è il suo nome, sente di dover prendere una posizione, di essere costretto a scegliere tra le due culture che convivono in lui, non rendendosi conto, però, che l'esclusione di una comporterà la negazione di una parte di sé. Questa scelta è molto pericolosa ed è l'errore in cui, sempre più spesso si cade oggi: non capire che la vita è un viaggio, dove le contraddizioni possono far parte della stessa persona. Hamid ritiene che, alla base del terrorismo ci sia, prima ancora della motivazione politica, un completo sconvolgimento dell'individuo, una frattura tale da convincere un uomo che sia giusto uccidere qualcuno per una causa superiore. Ma Hamid è fiducioso nel pensare che il terrorismo sia limitato a pochi elementi e che molti problemi potranno essere superati se si comincerà a non pensare più il mondo come suddiviso in blocchi separati, ma ad un unico grande terreno di gioco. «Non si faccia spaventare dalla barba. Io amo l'America». Si apre con questa frase "Il fondamentalista riluttante" di Mohsin Hamid. Ed è un inizio fenomenale perché concentra in poche parole ansie, paure e pregiudizi del così purtroppo famoso 'scontro di civiltà'. Nel romanzo esiste infatti un pressante sfondo politico e storico: il protagonista, un americano di origini pakistane, assiste in prima persona agli avvenimenti dell'11 settembre, e rimane profondamente toccato da tutto quello che succederà in seguito. Il libro segue però quasi esclusivamente le vicende personali del protagonista, lasciando i fatti storici in secondo piano. Changez, il giovane pakistano, si ritrova infatti a sorridere davanti al crollo delle torri gemelle e scopre in se stesso una diffidenza culturale rispetto al mondo in cui è vissuto fino a quel momento. È sempre difficile capire chi effettivamente si è e Changez viene infatti travolto da una crisi personale profonda. Proprio questo fa dire allo scrittore che alla base della crisi politica c'è sempre una crisi personale, in questo caso dell'uomo che è sempre al centro di tutto, con le sue insicurezze e le sue paure. Un altro scoglio psicologico in cui si incaglia Changez è la consapevolezza di essere complicato. Vuole essere 'o questo o quell'altro', non vuole più sentirsi un pakistano negli Stati Uniti, con un lavoro occidentale e un passato islamico. Non capisce che l'uomo, proprio perché tale, è complicato e deve riuscire a convivere con il fatto di essere 'l'una e l'altra cosa'. Se si riuscisse ad interiorizzare questa verità si giungerebbe ad una comprensione più profonda di se stessi e degli altri e le contrapposizioni cesserebbero. Invece, proprio come il protagonista del libro, «l'uomo perde molto spesso la sua identità a causa della contrapposizione». Altro sentimento presente nella nostra società (e questo vale anche per il mondo islamico) è quello della nostalgia. Nel mondo moderno, dove tutto cambia così rapidamente, la nostalgia prende forza, troppa forza, e nei discorsi dei leaders politici si fa sempre più ricorso a questi temi. «La nostalgia è la vera grande malattia del XXI secolo». L'uomo è debole ormai e cede a questi sentimenti che portano sempre alla paura. La stessa paura che ancora una volta viene utilizzata per incutere terrore e generare conflitti e contrapposizioni. Il mostrare violenze efferate, scene cruente, bombardamenti, decapitazioni, non può che aumentare la paura nei nostri animi già così confusi. Si perde un'altra occasione di diventare migliori: l'uomo dovrebbe trarre beneficio dalla diversità per guardare avanti e non commettere più gli stessi errori... Ma ancora una volta interviene la nostalgia, e il ricordo del passato costringe a commettere sbagli ancora maggiori. Alternando analisi del suo personaggio ed analisi della realtà sociale moderna (di cui il libro riproduce perfettamente cause ed effetti), Hamid si sofferma sui motivi per i quali si potrebbero odiare gli Stati Uniti: gelosia, invidia e politica interventista. Ma da soli non sono motivi sufficienti per spiegare il terrorismo. Ancora una volta bisogna trovare un uomo, una persona fisica che sia disposta ad uccidere. E per fortuna non esistono troppe persone che siano disposte a morire per un motivo politico. Da parte islamica è comunque difficile far fronte al proprio vuoto interiore poiché si vive in un ambiente molto oppressivo. La profonda crisi umana individuale è comunque sempre il motivo ultimo di tutti i conflitti. Per lo scrittore, addirittura, non esiste un occidente e un oriente. «Sono solo etichette che affibbiamo perché non capiamo l'altro da noi». Allo stesso modo non esiste un mondo cristiano e uno musulmano. Il romanzo di Hamid vuole proprio costringere il lettore, anche per la presenza di un finale aperto e misterioso, a riflettere e a pensare a tutti questi sentimenti contrastanti che caratterizzano l'uomo moderno: la paura, la considerazione di sé, la morte (la decostruzione della morte è un altro grave errore della nostra società) la nostalgia, l'amore. Amore che è la cosa più bella e importante della nostra vita e che quindi dovrebbe essere il sentimento più presente per risolvere le crisi personali dell'umanità.

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