12/09/2009

Maakomele Manaka, Napo Masheane, 
Natalia Molebatsi e Gcina Mhlophe con Itala Vivan


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Gcina Mhlophe e i giovani Maakomele Manaka, Napo Masheane e Natalia Molebatsi sono tra i più popolari poeti orali del nuovo Sudafrica. Le loro poesie nascono per essere cantate e lette secondo pratiche di recitazione che affondano le proprie radici nella tradizione orale africana, in cui il canto, la narrazione, l'improvvisazione e il dialogo tra il narratore e la sua comunità, sono elementi indissolubili nell'atto di trasmissione della parola. Un insieme di segni, linguaggi, stili, voci ed espressività che oggi - grazie agli effetti migliori della globalizzazione - si arricchisce e si ricrea grazie anche agli stimoli delle altre culture. I quattro storyteller, presentati da Itala Vivan, daranno vita per il Festival a uno spettacolo gioioso e trascinante, portando a Mantova la voce e l'anima delle township sudafricane dei nostri giorni.

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«Nkosi Sikelel' iAfrika». Dio benedica l'Africa. Sono le parole dell'inno nazionale, per la voce di Gcina Mhlophe, ad aprire l'evento dedicato ai nuovi poeti orali sudafricani, coordinati da Itala Vivan. Versi diversi, spesso improvvisati che, fondendosi con la musica moderna (ad esempio rap) hanno perso l'epicità della poesia orale di un tempo, senza abbandonare la solennità. È poi la volta di Maakomele Manaka, uno dei giovani artisti più famosi (è salito sui palchi di tutto il mondo assieme a Benjamin Zephaniah), che ci regala una "No one but us", bellissima celebrazione dell'ambiente urbano di Soweto. È lo stesso Maak a proporci un beatbox vocale che conferisce una cadenza quasi hip hop alla successiva "Seventies" (declamata dalla giovane Napo Masheane), in memoria del leader nero Steve Biko (dalla cui storia fu tratto un fortunato film con Denzel Washington). Un aspetto che caratterizza la township poetry odierna è l'aver perso, in molti casi, quegli aspetti di protesta che erano obbligatori durante l'apartheid; la celebrazione della comunità è invece il «fil rouge» di questo spettacolo, che ha forse il suo culmine nella sentita "Ode to the night" cantata da Natalia Molebatsi. La serata ha condotto il pubblico verso un un bellissimo viaggio d'incontro con una cultura altra, poco nota ma di cui il mondo attuale ha un gran bisogno. E, se non è questo uno dei vantaggi della globalizzazione, mi chiedo quali mai potranno essere. «You can blow out a candle/ But you can't blow out a fire (...) Yihla Moja/ The man is dead/ And the eyes of the world are/ watching now» (Peter Gabriel - "Biko")

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