09/09/2011
I GIOVANI ARABI TRA WEB, PIAZZA E LIBERTÀ
2011_09_09_098
In Occidente le rivoluzioni arabe sono state definite le prime e-rivoluzioni. Ma è proprio vero, oppure si tratta di una lettura riduttiva, derivata dalla scarsa e colpevole ignoranza di un mondo arabo ben più complesso? I blogger e gli utenti dei social media usano in realtà la Rete da diversi anni per costruire una comunità politica reale. Dal web sono scesi più volte in piazza e hanno chiesto diritti, giustizia sociale, libertà, futuro, assieme a chi la Rete non la usa né sa che cos'è. A sfatare i miti attorno alle e-rivoluzioni e a raccontare le loro storie sono due blogger, intervistati da Paola Caridi, autrice di "Arabi Invisibili" e blogger a sua volta. Wael Abbas è un blogger di fama internazionale, nonché giornalista e attivista per i diritti civili. Amira al Hussaini, del Bahrein, è invece la curatrice della sezione araba di Global Voices, che sulla Rete raccoglie e divulga la voce dei blogger.
L'evento 098 ha subito variazioni rispetto a quanto riportato sul programma. Originariamente era prevista la partecipazione di Ramy Raoof, sostituito successivamente da Wael Abbas.
L'evento 098 ha subito variazioni rispetto a quanto riportato sul programma. Originariamente era prevista la partecipazione di Ramy Raoof, sostituito successivamente da Wael Abbas.
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Wael Abbas è tornato a parlare, dopo il Blurandevù di ieri sera, della situazione egiziana.
Si è soffermato sull'importanza dei blog, che secondo lui hanno avuto un ruolo fondamentale in quanto meno soggetti a censure perché permettono l'anonimato. Essi offrono anche un canale comunicativo interattivo che permette un confronto diretto, creando così una piattaforma informale utile a tutti gli egiziani che vogliono una svolta per il paese.
Le numerose domande poste dal pubblico hanno spostato poi l'attenzione sull'ambito politico chiedendo chi, secondo l'autore, potrebbe essere il nuovo presidente dopo Mubarak e il blogger ha sottolineato che gli egiziani non stanno cercando un leader, ma serve che cambi la mentalità della gente affinché il paese smetta di tollerare 'capi' che si credono semi-dei, vessando i cittadini. Un applauso di incoraggiamento ha salutato abbas e concluso l' evento.
«Noi non abbiamo un leader, ma una leading idea, la ferma volontà di riprenderci il nostro paese e riaffermare la libertà di espressione». Con queste parole Wael Abbas, fra i blogger egiziani più attivi, spiega quanto sta accadendo in Egitto, da quel 25 gennaio in cui piazza Tahrir si riempì di uomini e donne che gridavano basta con il vecchio regime. «In Egitto - prosegue Abbas - dopo le dimissioni di Osni Mubarak la rivoluzione non è ancora finita e c'è ancora un sistema da cambiare».
Le proteste contro il regime non sono iniziate quest'anno. Quest'anno sono solo state visibili per l'Occidente, troppo spesso intrappolato da un'informazione carente e da una visione riduttiva e paternalistica. Sono passati anni da quando Abbas ha iniziato a bloggare e da allora più volte gli egiziani sono scesi in piazza per chiedere diritti, libertà, giustizia sociale. Si è costruita una rete orizzontale, da blog a blog, da post a post, per esprimere le proprie idee ed eludere la censura. Parole, fotografie e video per dire, finalmente, le verità che tutti conoscevano: l'azione costante dell'intelligence e della polizia, gli arresti illegali, le torture in carcere e nelle stazioni di polizia.
A chi gli chiede se oggi la mancanza di una struttura organizzativa non metterà a repentaglio il cammino verso la democrazia risponde che in Egitto non sono mancati i partiti d'opposizione, i giornali, i sindacati e le Ong, ma la possibilità per questi di incidere veramente. Quello che si è mostrato all'esterno era un paese truccato, in cui le opposizioni servivano per includere il Paese fra le semidemocrazie e le Ong erano relegate ad un ruolo decorativo e ornamentale. Ora i blogger e la società civile hanno rotto questa cappa. «Se durante le prossime elezioni - prosegue Abbas - ci saranno brogli li denunceremo, se chi prenderà il potere non farà l'interesse dei cittadini scenderemo in piazza, di nuovo».
Si è soffermato sull'importanza dei blog, che secondo lui hanno avuto un ruolo fondamentale in quanto meno soggetti a censure perché permettono l'anonimato. Essi offrono anche un canale comunicativo interattivo che permette un confronto diretto, creando così una piattaforma informale utile a tutti gli egiziani che vogliono una svolta per il paese.
Le numerose domande poste dal pubblico hanno spostato poi l'attenzione sull'ambito politico chiedendo chi, secondo l'autore, potrebbe essere il nuovo presidente dopo Mubarak e il blogger ha sottolineato che gli egiziani non stanno cercando un leader, ma serve che cambi la mentalità della gente affinché il paese smetta di tollerare 'capi' che si credono semi-dei, vessando i cittadini. Un applauso di incoraggiamento ha salutato abbas e concluso l' evento.
«Noi non abbiamo un leader, ma una leading idea, la ferma volontà di riprenderci il nostro paese e riaffermare la libertà di espressione». Con queste parole Wael Abbas, fra i blogger egiziani più attivi, spiega quanto sta accadendo in Egitto, da quel 25 gennaio in cui piazza Tahrir si riempì di uomini e donne che gridavano basta con il vecchio regime. «In Egitto - prosegue Abbas - dopo le dimissioni di Osni Mubarak la rivoluzione non è ancora finita e c'è ancora un sistema da cambiare».
Le proteste contro il regime non sono iniziate quest'anno. Quest'anno sono solo state visibili per l'Occidente, troppo spesso intrappolato da un'informazione carente e da una visione riduttiva e paternalistica. Sono passati anni da quando Abbas ha iniziato a bloggare e da allora più volte gli egiziani sono scesi in piazza per chiedere diritti, libertà, giustizia sociale. Si è costruita una rete orizzontale, da blog a blog, da post a post, per esprimere le proprie idee ed eludere la censura. Parole, fotografie e video per dire, finalmente, le verità che tutti conoscevano: l'azione costante dell'intelligence e della polizia, gli arresti illegali, le torture in carcere e nelle stazioni di polizia.
A chi gli chiede se oggi la mancanza di una struttura organizzativa non metterà a repentaglio il cammino verso la democrazia risponde che in Egitto non sono mancati i partiti d'opposizione, i giornali, i sindacati e le Ong, ma la possibilità per questi di incidere veramente. Quello che si è mostrato all'esterno era un paese truccato, in cui le opposizioni servivano per includere il Paese fra le semidemocrazie e le Ong erano relegate ad un ruolo decorativo e ornamentale. Ora i blogger e la società civile hanno rotto questa cappa. «Se durante le prossime elezioni - prosegue Abbas - ci saranno brogli li denunceremo, se chi prenderà il potere non farà l'interesse dei cittadini scenderemo in piazza, di nuovo».