09/09/2011
DALLE REGOLE AL PERDONO
2011_09_09_105
Due voci a confronto, una filosofa e un giurista, affrontano il tema del perdono. Punto di partenza resta il riconoscimento del valore della persona e della relazione. Il tema della sanzione, o più chiaramente della conseguenza delle violazioni, diventa cruciale per recuperare il senso del perdono. Dal dono al per/dono per ridare una nuova possibilità all'altro.
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Italiano
Qui si va davvero avanti. Si supera la banalità dei discorsi quotidiani e si arriva a visitare luoghi inesplorati. Laura Boella e Gherardo Colombo ci accompagnano con passione in questo viaggio. Il perdono. Dalle regole al perdono, un sentiero difficile ed impervio da seguire. Ma proprio per questo ci può far raggiungere mete incredibili. E si può anche partire in verso contrario: dal perdono alle regole. Sicuramente non possiamo vivere insieme senza regole, ma queste possono essere cambiate. Nel passato tutto era incentrato sulla separazione, sulla discriminazione. Le donne non potevano votare, esisteva la schiavitù, i deboli venivano emarginati e abbandonati. Chi violava la legge era perciò discriminato, doveva soffrire, doveva essere punito. Era una società basata sul disconoscimento dell'altro. Questo modo di ragionare, che era comunque alla base delle vecchie costituzioni, ha portato a disastri come la seconda guerra mondiale. Le nuove regole uscite dal conflitto mondiale hanno superato questa visione e le nostre attuali costituzioni si basano sull'esatto contrario: il riconoscimento reciproco è il nuovo fondamento del vivere insieme. Le persone, solo perché sono persone, hanno diritti e sono libere.
In una società così formata, ha ancora spazio la punizione dopo aver trasgredito le regole? Si contraddice il principio base e si discrimina ancora. Quindi il perdono entra prepotente nella discussione. Che significato ha? Non vuol dire amnesia, amnistia o semplicemente dimenticare. Una fonte di ispirazione può essere la "Bibbia". Ma anche qui ci troviamo di fronte al Dio vendicatore e al Dio che perdona. E molti scelgono solo quello vendicatore.
Ma è la parola stessa che ci viene in aiuto: 'perdono' nel vangelo di Luca in greco significa 'liberazione', 'lasciare andare'; in latino 'perdono' indica un 'dono', la gratuità del gesto del perdonare. Ed entrambe le interpretazioni si completano considerando la responsabilità, la presa di coscienza di ciò che è stato fatto. Le nostre emozioni possono finalmente evolvere in qualcosa di diverso dopo un sopruso. Il rancore, l'odio, il dimenticare per non affrontare il superamento del lutto, possono e devono essere sostituiti dalla redenzione, dalla misericordia. È un rapporto intimo quello che si stabilisce quando si vuole perdonare. Ci vuole relazione con l'altro. Se è vero infatti che nulla può essere cancellato, che non si può tornare indietro, non possiamo però legare la persona ad un singolo evento, non dargli più una possibilità. Una persona è tante cose, non solo quello che ha fatto magari una volta sola. La scommessa verso il futuro è proprio questa: il dono che si fa a chi si perdona. Sgombriamo la strada, togliamo il macigno e permettiamo a chi ha sbagliato di ricominciare, di rimettersi in marcia. Bisogna garantire la libertà di cambiare strada, ancora una volta senza discriminare. Ed è sempre l'altro che ti può perdonare, troppo facile perdonare se stessi. Non è un discorso astratto quello dei due autori. Si può sicuramente fare qualcosa anche nel concreto. Se parliamo di Stato di diritto, si può stabilire un rapporto fruttuoso tra perdono e giustizia, perché l'amore per il prossimo non è slegato dalla richiesta di giustizia. E sul piano individuale, che forse è l'ambito più difficile dove applicare il principio, è il percepire la comunità finalmente in maniera nuova, aiutando concretamente chi ha sbagliato e cambiando il modo di relazionarci con esso. Questo rapporto non può che generare inclusione, senza più discriminazioni di nessun tipo.
In una società così formata, ha ancora spazio la punizione dopo aver trasgredito le regole? Si contraddice il principio base e si discrimina ancora. Quindi il perdono entra prepotente nella discussione. Che significato ha? Non vuol dire amnesia, amnistia o semplicemente dimenticare. Una fonte di ispirazione può essere la "Bibbia". Ma anche qui ci troviamo di fronte al Dio vendicatore e al Dio che perdona. E molti scelgono solo quello vendicatore.
Ma è la parola stessa che ci viene in aiuto: 'perdono' nel vangelo di Luca in greco significa 'liberazione', 'lasciare andare'; in latino 'perdono' indica un 'dono', la gratuità del gesto del perdonare. Ed entrambe le interpretazioni si completano considerando la responsabilità, la presa di coscienza di ciò che è stato fatto. Le nostre emozioni possono finalmente evolvere in qualcosa di diverso dopo un sopruso. Il rancore, l'odio, il dimenticare per non affrontare il superamento del lutto, possono e devono essere sostituiti dalla redenzione, dalla misericordia. È un rapporto intimo quello che si stabilisce quando si vuole perdonare. Ci vuole relazione con l'altro. Se è vero infatti che nulla può essere cancellato, che non si può tornare indietro, non possiamo però legare la persona ad un singolo evento, non dargli più una possibilità. Una persona è tante cose, non solo quello che ha fatto magari una volta sola. La scommessa verso il futuro è proprio questa: il dono che si fa a chi si perdona. Sgombriamo la strada, togliamo il macigno e permettiamo a chi ha sbagliato di ricominciare, di rimettersi in marcia. Bisogna garantire la libertà di cambiare strada, ancora una volta senza discriminare. Ed è sempre l'altro che ti può perdonare, troppo facile perdonare se stessi. Non è un discorso astratto quello dei due autori. Si può sicuramente fare qualcosa anche nel concreto. Se parliamo di Stato di diritto, si può stabilire un rapporto fruttuoso tra perdono e giustizia, perché l'amore per il prossimo non è slegato dalla richiesta di giustizia. E sul piano individuale, che forse è l'ambito più difficile dove applicare il principio, è il percepire la comunità finalmente in maniera nuova, aiutando concretamente chi ha sbagliato e cambiando il modo di relazionarci con esso. Questo rapporto non può che generare inclusione, senza più discriminazioni di nessun tipo.