05/09/2012 - L'ala del racconto

Pablo D'Ors e Andrej Longo con Stefano Salis

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«Il tipico problema dello scrittore di racconti», scriveva Flannery O'Connor, «è come far sì che l'azione descritta riveli quanto più possibile del mistero dell'esistenza. Ha poco spazio per farlo, e le considerazioni non bastano. Deve mostrare, non parlare, e mostrare il concreto». Ritmo, stile, descrizioni: il volo breve del racconto richiede allo scrittore un controllo preciso dei propri mezzi. Al coraggio e alla sapienza narrativa della forma racconto Festivaletteratura dedica quest'anno una serie di tre appuntamenti. Conduce gli incontri il giornalista Stefano Salis.
 Il primo round è con lo spagnolo Pablo d'Ors ("Il debutto") e l'italiano Andrej Longo, che dopo l'esordio con i diciassette racconti di "Più o meno alle tre", ha continuato a mantenersi fedele a questa forma narrativa ("Dieci").
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Qual è la differenza tra scrivere racconti e scrivere romanzi? Sull'onda del successo ottenuto dal "Sole 24 ore" con la pubblicazione domenicale di un racconto, Festivaletteratura ha deciso quest'anno di organizzare un percorso di approfondimento dedicato al racconto. Sono tre gli appuntamenti previsti e Stefano Salis, giornalista del "Sole 24 ore" ne sarà il conduttore. La formula prevede il confronto tra due scrittori di racconti che saranno chiamati ad esprimere la difficoltà di cimentarsi con questa forma di scrittura.
Il primo appuntamento ha visto protagonisti gli scrittori Pablo D'Ors e Andrej Longo. Lo scrittore madrileno, autore di un libro di racconti e cinque romanzi, non è in grado di sapere fin dal principio se quello di cui sta scrivendo diventerà un racconto o un romanzo. Sarà la sua evoluzione naturale a stabilirlo. Per D'Ors la scrittura è un fatto di resistenza perché la sua prima opera ha vista la luce dopo molti rifiuti di varie case editrici. Per questo motivo è consapevole che scrivere sia un atto di umiltà grazie al quale lo scrittore si deve liberare del superfluo per raggiungere veramente se stesso ed essere in grado di offrire al lettore solamente l'essenziale. Riferisce di una letteratura come fatto manuale e non mentale: solamente una pagina su cento sarà degna di essere pubblicata. La sua scrittura descrive quella che, secondo lui, è la condizione dell'uomo definita 'ilaro-tragica'. Mentre la poesia è un canto delle cose sublimi, la prosa è un canto delle cose prosaiche, piccole e quotidiane. La sua letteratura è espressionista, matrimonio tra sublime e ridicolo. Il suo desiderio è che il lettore rida un sorriso tragico, cogliendo il ridicolo presente nell'intimo di ognuno di noi. I suoi sono personaggi metaforici che cerca di descrivere con leggerezza ma non frivolezza. Sarebbe contento se i suoi racconti fossero letti come un grande scherzo in grado di donare forza e compagnia.
Andrej Longo, a differenza di D'Ors, sa esattamente se quello che sta scrivendo sarà un racconto o un romanzo. Il racconto è una finestra sulla vita del protagonista che l'autore decide di aprire in un momento preciso, vederne i contorni e poi chiudere. Il romanzo, invece, prevede un cambiamento, un'evoluzione ed una conclusione. I personaggi di Longo sono sanguigni, incollati alla terra e la strategia linguistica si sforza di restituire una sintesi del parlato: il risultato è un vernacolo dialettale che aiuta la collocazione dei personaggi. Anche l'utilizzo della prima persona elimina il filtro della terza ed aiuta a dare impulso narrativo al racconto.
Infine un'opinione sui loro personaggi preferiti. D'Ors sceglie il personaggio del racconto "Il nipote di Bernhard" perché è il simbolo dei nostri sogni, dell'illusione permanente: un uomo grasso che si innamora di una donna perfetta dimenticandosi di se stesso e della propria apparenza. Quando riuscirà a realizzare la realtà si svelerà il dramma.
Longo preferisce il primo racconto di "Più o meno alle tre". È il racconto nel quale una serie di voci descrivono quello di cui si stavano occupando nell'ora in cui si stava compiendo l'attentato alle torri gemelle.
L'ultimo spunto di riflessione, offerto da Pablo D'Ors, riguarda la difficoltà dello scrivere: «Difficile è avere una vita interiore».

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