05/09/2013
NOTIZIE DALLA GRECIA
2013_09_05_024
«Tutto quello che viene dalla Grecia, fin dall'antichità, ha un carattere universale. (...) Ci dice dell'uomo, del destino, di cosa sta succedendo all'uomo d'Occidente in questo momento di crisi, di scelta». La Grecia ci sta parlando e quello che dice interessa tutti noi. Vinicio Capossela ("Tefteri") ha iniziato ad ascoltarla, seguendo il ritmo blues eversivo del Rebetiko, e poi, taccuino alla mano, ha iniziato ad annotare quello che ha visto e sentito nelle taverne e per le strade: la rabbia verso la politica, l'umiliazione per lo stravolgimento delle condizioni di vita, l'incertezza rispetto al futuro. Un viaggio civile, per capire che cosa dobbiamo scegliere, oggi, per ritornare ad essere 'anthropoi', uomini. Lo incontrano l'editore Nicola Crocetti e il giornalista Mario De Santis.
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Italiano
"Tefteri", in greco, è il libro in cui si annotano i conti in sospeso. Quelli del bar, ad esempio. E di conti in sospeso con la Grecia, Capossela ne ha da anni: da "Contratto per Karelias" del 2000 fino ad arrivare all'ultimo disco, "Rebetiko Gymnastas", tributo al genere musicale considerato il corrispettivo balcanico del blues.
«Non siamo come la Grecia», lamentavano gli italioti alla luce della crisi economica più grave degli ultimi decenni. Secondo Vinicio, per certi aspetti sarebbe invece meglio esserlo, come la Grecia, fosse solo per quanto la cultura partenopea ha dato all'intero Occidente. Ecco allora che questo "Tefteri", ha spiegato in maniera eccelsa l'editore Nicola Crocetti «è anche e soprattutto un libro sull'Anthropos, non solo uomo, ma persona». Vinicio spiega che la sua Grecia non è fatta di vacanze al mare, ma di notti passate nelle osterie di Salonicco, ad ascoltare i cantanti del rebetiko. Non sono semplici esibizioni live, ma si tratta di vere e proprie di litanie cantate in coro da tutti i presenti: «Perché non ci si deve vergognare di inneggiare alla verità, in un mondo di bugiardi. Il rebetiko è un'eucarestia che si prende stando seduti al tavolo 4 o 5 ore». Un elogio della musica ma anche della parola, quello di Vinicio, nella stessa location in cui 24 ore prima Saviano aveva a sua volta pagato il suo tributo all'importanza del diffondere un'idea. «Soffermandoci sul significato etimologico della parole, capiamo molto di noi stessi». Il rebetiko nasce in seguito alla sconfitta subita dai greci (traditi dalle potenze europee loro alleate) nella guerra contro i Turchi, nel 1922. Ecco allora che Atene iniziò a diventare un obbrobrio edilizio, perché da un giorno all'altro si dovetti trovare un alloggio ad un milione e mezzo di sfollati di guerra, che iniziarono a comporre canzoni.
Ancora oggi gli ultimi 'mangas' (figure simili al guappo napoletano) cantano la loro insoddisfazione verso il sistema politico. Il loro coraggio comportò, soprattutto in passato, il carcere. Ma questi 'rebeles' non si perdevano d'animo e arrivavano a costruire i loro strumenti (bouzouki e baglamas) con oggetti di fortuna, fossero noci di cocco o scatole di sardine.
«Non siamo come la Grecia», lamentavano gli italioti alla luce della crisi economica più grave degli ultimi decenni. Secondo Vinicio, per certi aspetti sarebbe invece meglio esserlo, come la Grecia, fosse solo per quanto la cultura partenopea ha dato all'intero Occidente. Ecco allora che questo "Tefteri", ha spiegato in maniera eccelsa l'editore Nicola Crocetti «è anche e soprattutto un libro sull'Anthropos, non solo uomo, ma persona». Vinicio spiega che la sua Grecia non è fatta di vacanze al mare, ma di notti passate nelle osterie di Salonicco, ad ascoltare i cantanti del rebetiko. Non sono semplici esibizioni live, ma si tratta di vere e proprie di litanie cantate in coro da tutti i presenti: «Perché non ci si deve vergognare di inneggiare alla verità, in un mondo di bugiardi. Il rebetiko è un'eucarestia che si prende stando seduti al tavolo 4 o 5 ore». Un elogio della musica ma anche della parola, quello di Vinicio, nella stessa location in cui 24 ore prima Saviano aveva a sua volta pagato il suo tributo all'importanza del diffondere un'idea. «Soffermandoci sul significato etimologico della parole, capiamo molto di noi stessi». Il rebetiko nasce in seguito alla sconfitta subita dai greci (traditi dalle potenze europee loro alleate) nella guerra contro i Turchi, nel 1922. Ecco allora che Atene iniziò a diventare un obbrobrio edilizio, perché da un giorno all'altro si dovetti trovare un alloggio ad un milione e mezzo di sfollati di guerra, che iniziarono a comporre canzoni.
Ancora oggi gli ultimi 'mangas' (figure simili al guappo napoletano) cantano la loro insoddisfazione verso il sistema politico. Il loro coraggio comportò, soprattutto in passato, il carcere. Ma questi 'rebeles' non si perdevano d'animo e arrivavano a costruire i loro strumenti (bouzouki e baglamas) con oggetti di fortuna, fossero noci di cocco o scatole di sardine.