06/09/2013

Bianca Tarozzi con Alfonso Berardinelli

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«Ho promesso/ a me stessa, che sì, che avrei provato/ a rimettere insieme tutti i pezzi/ che avevo, che ho trovato,/ e vorrei farlo adesso/ quando ormai mi è impossibile distinguere/ nella vita, la gioia dal dolore:/ ogni cosa è un fondo di fioretto/ che mi colpisce al petto, un po' a sinistra». Ha una vocazione narrativa la poesia di Bianca Tarozzi. Nei suoi componimenti - dalla raccolta d'esordio "Nessuno vince il Leone" fino all'ultima "La signora di porcellana" - affiorano vite: la propria, nell'esercizio della memoria, e quelle di altre compagne di cammino, a volte sconosciute, verso le quali si dispone all'ascolto. Oggetti, gesti, istanti sono sottratti all'occasione per assumere un valore emblematico, evocativo del mistero del vivente, pur nella trasparenza e nella linearità del verso. La incontra il critico letterario Alfonso Berardinelli.
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Italiano
Bianca Tarozzi secondo Alfonso Berardinelli è la maggiore rivelazione e novità della poesia italiana dagli anni 90 ad oggi. "La buranella", pubblicata dopo la prima tardiva raccolta "Nessuno vince il leone", introduce nella nostra poesia una dimensione inedita, prima al massimo, qua e là annunciata, ma mai seriamente praticata. Bianca Tarozzi sposta totalmente il baricentro dalla dimensione lirica della poesia del Novecento, generalmente ermetica e criptica, a una poesia narrativa, piana, modulata lessicalmente e sintatticamente sul linguaggio prosastico. Proseguendo il percorso inaugurato nel secolo scorso forse da Gozzano e tentato da Bertolucci con "La camera da letto", la Tarozzi versifica senza far diventare l'artificio tecnico protagonista: i versi e le figure retoriche di suono si avvertono ma funzionano come puri veicoli del mezzo poetico. Veicoli di una poesia narrativa popolata di fantasmi che riempiono l'immaginario della poetessa e dei lettori e non sono meri pretesti poetici, manichini su cui appiccicare emozioni e sensibilità in cui potersi immedesimare. La ragazza di Burano, la pastora, Rossana e tutte le protagoniste delle 'novelle poetiche' della Tarozzi vivono vite semplici, quotidiane, tutte alla singolare ricerca di salute mentale e felicità in un clima distanziato e fiabesco.
Il recente "La signora di porcellana" è composto da 28 componimenti brevi, un'anomalia rispetto ai suoi più tradizionali poemetti narrativi. La componente dominante è la felicità, a segnare un ulteriore scarto della poetessa rispetto alla tradizione italiana recente, animata piuttosto dall'angoscia, salvo le rare eccezioni costituite dai poeti più narrativi e descrittivi (Gozzano, Saba, Bertolucci). La Tarozzi, come questi poeti, è un'inventrice e narratrice di storie, luoghi finiti, oggetti desueti, nomi propri.
L'influsso della poesia inglese e americana, che Bianca Tarozzi traduce, è evidente nel suo abdicare alla moda e alla tradizione novecentesca di una poesia enigmatica in versi liberi per versificare adoperando una lingua pulita infantile, da microcosmo familiare, sottratta alla tirannia del presente. Nella tradizione poetica anglosassone è forte, anche nei poeti più aulici e intellettualistici, una tecnica metrica ripetibile, facile, che allude al gioco. Tuttavia gli studiosi di letterature straniere che tentano la strada della poesia italiana finiscono quasi sempre per comporre 'poesie tradotte' impostate su moduli stilistici e sintattici estranei all'italiano. La Tarozzi invece utilizza in tutto e per tutto la lingua italiana scegliendo, all'inglese, di non distinguere tra lingua della prosa e della poesia. Come le grandi poetesse del secondo Novecento si impossessa della tradizione poetica italiana e la utilizza, in modo spregiudicato e senza inibizioni, per parlare del presente.
Bianca Tarozzi, pur non rinnegando Gozzano, sente di avere le proprie radici poetiche un po' più indietro nel tempo e ricorda i poemi narrativi di Victor Hugo imparati alle scuole elementari e medie. Questa confessione di un profondo legame con un poeta ottocentesco è un'ulteriore anomalia nella poesia del Novecento e di oggi, tutta generalmente impostata sul rifiuto formale del secolo precedente. Tra gli altri modelli poetici la poetessa individua Giuseppe Giusti, Palazzeschi, la poesia dialettale, la canzone napoletana, le canzonette. Queste assimilate per merito della zia, versificatrice e canterina.
La vena narrativa dei versi della Tarozzi potrebbe far sospettare a un suo passato (o futuro) da autrice romanzesca, ma lei smentisce. Confessa di aver iniziato un romanzo nel 1995 ma di averlo terminato solo l'altro ieri. Ma è una noia la prosa a confronto con ciò che le permette la sua poesia: 'novelle in versi' che combinano i due filoni più robusti e praticati della tradizione letteraria italiana fin dalle origini, quello della novella e quello della poesia.

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