07/09/2013
VIRGINIA WOOLF E I SUOI DIARI
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Finalmente è iniziata la pubblicazione italiana dei numerosi volumi dei "Diari" della grande Virginia Woolf, grazie all'attenta traduzione e curatela di Bianca Tarozzi. Celebrano questo evento e discutono l'opera la traduttrice, poeta e inglesista, e la scrittrice e saggista Ginevra Bompiani. L'incontro è coordinato da Liliana Rampello, una delle più importanti studiose italiane della Woolf.
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Italiano
Un corteo di spettatori sfila attraverso il portone che s'apre sul Cortile dell'Archivio di Stato. Vengono per incontrare tre signore, riunite per celebrare la pubblicazione in Italia del primo volume dei diari di Virginia Woolf. Esso raccoglie le annotazioni scritte tra 1925 e 1930, periodo fertilissimo che vede l'autrice inglese pubblicare "La signora Dalloway", "Al faro" e "Orlando", oltre che iniziare "Le onde". Tutti capolavori che - ce lo dice la studiosa Liliana Rampello - avrebbero «scardinato gli elementi strutturali del romanzo ottocentesco».
«Come mi piacerebbe che questo diario diventasse un vero diario, dove poter vedere i cambiamenti, tracciare l'evoluzione degli umori, ma allora dovrei parlare dell'anima, e non ho forse bandito l'anima da qui quando ho cominciato? Quel che succede è che, come al solito, quando sto per scrivere dell'anima fa irruzione la vita». Sono parole del febbraio 1923, quando la Woolf aveva già alle spalle oltre due decenni di scrittura diaristica (la prima annotazione risale al giugno 1897, quando aveva quattordici anni). «Virginia Woolf - afferma Ginevra Bompiani, saggista e scrittrice che nel suo percorso si è spesso dedicata all'autrice inglese - sosteneva che l'arte si basa sul pensiero, ma come avviene il processo che porta dall'uno all'altra? Il diario testimonia questo passaggio. Non è mai una cosa compiuta, è un momento di trasformazione in cui la scrittrice cerca di cogliere «l'incresparsi del mare sulla vita». Non è vita né scrittura, ma costituisce un momento tra l'una e l'altra che permette di capire quel che la Woolf voleva fare ed ha fatto: catturare la vita così com'è».
E sempre dalla vita, nella sua accezione più concreta, prende spunto l'intervento di Bianca Tarozzi: la traduttrice, che per cinque anni si è dedicata al difficile compito di proporre un'edizione italiana dei diari («Non ne posso più della Woolf...» esordisce scherzosa), si sofferma su aspetti quotidiani dell'esistenza della scrittrice: «La giornata della Woolf. Dopo la colazione lavora a un romanzo per tutta la mattina. Il pomeriggio è dedicato alla critica. È tra il tè e la cena (un intervallo di circa mezz'ora) che scrive il diario. Esso contiene molte cose: ritratti, cronache mondane, una scrittura pittorica e brani che paiono una sorta d'improvvisazione musicale. Lo scopo di scriverlo è forse ricavarne un'autobiografia, ma soprattutto la Woolf si rende conto che le rende la mano più rapida nella stesura delle opere maggiori».
Ma a chi si rivolge la Woolf scrivendo queste pagine? «Il primo destinatario di un diario» spiega Ginevra Bompiani «è sempre l'autore stesso, che lo rileggerà in un futuro imprecisato. Ma un diario è anche un segreto da scoprire, e il suo destinatario finale è in fondo il profanatore che potrebbe leggerlo». Ecco dunque che grazie al lavoro di Bianca Tarozzi anche il lettore italiano può «profanare» le pagine woolfiane: un'occasione a cui non rinunciare.
«Come mi piacerebbe che questo diario diventasse un vero diario, dove poter vedere i cambiamenti, tracciare l'evoluzione degli umori, ma allora dovrei parlare dell'anima, e non ho forse bandito l'anima da qui quando ho cominciato? Quel che succede è che, come al solito, quando sto per scrivere dell'anima fa irruzione la vita». Sono parole del febbraio 1923, quando la Woolf aveva già alle spalle oltre due decenni di scrittura diaristica (la prima annotazione risale al giugno 1897, quando aveva quattordici anni). «Virginia Woolf - afferma Ginevra Bompiani, saggista e scrittrice che nel suo percorso si è spesso dedicata all'autrice inglese - sosteneva che l'arte si basa sul pensiero, ma come avviene il processo che porta dall'uno all'altra? Il diario testimonia questo passaggio. Non è mai una cosa compiuta, è un momento di trasformazione in cui la scrittrice cerca di cogliere «l'incresparsi del mare sulla vita». Non è vita né scrittura, ma costituisce un momento tra l'una e l'altra che permette di capire quel che la Woolf voleva fare ed ha fatto: catturare la vita così com'è».
E sempre dalla vita, nella sua accezione più concreta, prende spunto l'intervento di Bianca Tarozzi: la traduttrice, che per cinque anni si è dedicata al difficile compito di proporre un'edizione italiana dei diari («Non ne posso più della Woolf...» esordisce scherzosa), si sofferma su aspetti quotidiani dell'esistenza della scrittrice: «La giornata della Woolf. Dopo la colazione lavora a un romanzo per tutta la mattina. Il pomeriggio è dedicato alla critica. È tra il tè e la cena (un intervallo di circa mezz'ora) che scrive il diario. Esso contiene molte cose: ritratti, cronache mondane, una scrittura pittorica e brani che paiono una sorta d'improvvisazione musicale. Lo scopo di scriverlo è forse ricavarne un'autobiografia, ma soprattutto la Woolf si rende conto che le rende la mano più rapida nella stesura delle opere maggiori».
Ma a chi si rivolge la Woolf scrivendo queste pagine? «Il primo destinatario di un diario» spiega Ginevra Bompiani «è sempre l'autore stesso, che lo rileggerà in un futuro imprecisato. Ma un diario è anche un segreto da scoprire, e il suo destinatario finale è in fondo il profanatore che potrebbe leggerlo». Ecco dunque che grazie al lavoro di Bianca Tarozzi anche il lettore italiano può «profanare» le pagine woolfiane: un'occasione a cui non rinunciare.