07/09/2013 - Vocabolario europeo

VOCABOLARIO EUROPEO. La parola (d)agli autori

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Maite Carranza - dal catalano 'rauxa': ostinata stravaganza
Làszlò Krasznahorkai - dall'ungherese 'szél': vento

Parola per parola, il vocabolario europeo di Festivaletteratura cresce: non si tratta soltanto di parole in più, ma di relazioni, intrecci, richiami che si moltiplicano appena un nuovo vocabolo viene inserito. Anche quest'anno, le parole verranno fatte parlare a coppie, grazie alla voce degli scrittori che le hanno scelte, per comporre alla fine degli incontri - condotti dagli storici della lingua Giuseppe Antonelli e Matteo Motolese - una polifonia in otto lingue: catalano, finlandese, inglese, italiano, romeno, serbo, tedesco, ungherese.
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Italiano
Spagnolo
Ungherese
Il terzo appuntamento del "Vocabolario Europeo", coordinato dallo storico della lingua Matteo Motolese, è dedicato a due parole che rappresentano il movimento, la negazione dell'immobilità. La prima parola, proposta dall'autore ungherese Lázló Krasznahorkai, è 'szél', 'vento', mentre quella scelta dalla scrittrice Maite Carranza, 'rauxa', viene dal catalano, e il suo significato è un po' più complesso da spiegare, perché non ha un'esatta traduzione né in italiano né in spagnolo, lingua in cui l'autrice parla al pubblico. Parola abbastanza giovane, 'rauxa' trova le sue radici nel latino di 'rissa, rabbia' e soprattutto nel provenzale di 'rabbia, furia'; inoltre, ha un significato simbolico relazionato al particolare carattere dei catalani (o perlomeno al pregiudizio su di loro), tacciati di essere continuamente in bilico tra la razionalità e la 'rauxa', la follia. Eppure, afferma la Carranza, è proprio questa 'rauxa' a permettere progresso e cambiamento, accettando una certa quantità di rischio e, perché no, anche una certa dose di follia. E forse un sano scoppio di 'rauxa', un sentimento forte derivato da una giusta rabbia, è quello che serve all'Europa per liberarsi dalla terribile crisi in cui si trova.
 La parola 'szél' è più legata alla dimensione della natura, ma non per questo è dotata di meno forza: una forza potente ma invisibile, che si manifesta solo tramite le sue conseguenze, e che tuttavia non si può arrestare. In ungherese non c'è collegamento, come ad esempio nella lingua italiana, tra il vento e il 'soffio vitale' dell'anima umana, ma il vento è qualcosa di bello, che dà piacere se non giunge per distruggere; secondo Krasznahorkai il vento dev'essere «come un poeta che arriva, dice qualcosa di importante e se ne va senza far rumore». E anche la scrittura, in effetti, deve saper avvolgere e trasportare il lettore come un vento, sempre diverso a seconda della direzione da cui soffia. 
Le due parole di questo pomeriggio, sebbene così diverse, sembrano accomunate dalla voglia di superare il limite, andare oltre la superficie. D'altra parte, a Festivaletteratura le parole non sono semplicemente la proposta per un nuovo evento, bensì sono un dono prezioso da parte degli autori, per accrescere continuamente il "Vocabolario Europeo" e renderlo sempre più ricco di connessioni, richiami, simbologie.

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