07/09/2013 - Lavagne. Esempi di scrittura musicale

ESISTE UNA MUSICA EBRAICA?

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Dal canto sinagogale degli ebrei italiani fino al klezmer est europeo, dalle ballate in giudeospagnolo alle danze israeliane del '900, dall'avanguardia jazzistica newyorkese al Mosè e Aronne di Schoenberg, c'è forse una caratteristica che permetta di apporre a un singolo componimento l'etichetta 'musica ebraica'? E che cosa rappresenta la musica nel mondo ebraico? Lungi dal voler dare risposte conclusive, Enrico Fink si propone di compiere insieme al pubblico alcuni passi di un viaggio musicale lungo millenni e che ha attraversato il mondo intero.
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La nostra concezione dell'ebraico spesso si ferma laddove iniziano le tragedie della Shoah, delle persecuzioni. Forse ci dimentichiamo che, come tutte, la cultura degli ebrei prevede l'arte, la letteratura e, in particolare, la musica. Proprio qui è stato condotto questa volta, il pubblico sempre abbondante delle Lavagne di Piazza Mantegna. La musica ebrea è probabilmente qualcosa del quale abbiamo solo qualche reminescenza, magari qualche scala particolarmente orientale suona familiare al nostro orecchio, ma non si va oltre. Invece Enrico Fink, nome che non ne tradisce l'invece effettiva origine ebrea, porta con se', con la sua voce ed il suo flauto traverso, il suo carisma e la sua grande spiritualità tipica del giudaismo, tutta l'evoluzione e trasformazione che ha subito la componente musicale di un popolo per secoli senza fissa dimora.
L'ebraico, nelle sue numerose variazioni dialettali, comprende fenomeni ed offre possibilità che sono uniche di questa lingua ed assolutamente originali. Il canto è libero, anzi è legato ad una segnografia che non lo inchioda alle cinque righe del pentagramma ma anzi, arriva ad arricchire il significato della lirica modificando direttamente il significato delle parole. Gli ebrei possono cantare, canticchiare o 'cantinellare': una forma di lettura che aggiunge un timbro melodico senza però sfociare nella canzone. L'evento si è diventato immediatamente come luogo d'incontro, contatto, assolutamente imprevisto e sorprendente. Il musicista, che con incredibile eleganza alternava l'ebraico all'italiano, il canto al flauto, sempre acompagnato dalla fisarmonica, ha rivocato le situazioni, gli ambienti dove sono avvenute le mescolanze fondamentali della musica ebraica: la musica meticcia dei suonatori di strada, che fossero in Spagna, nell'Est Europa o nelle Americhe. Il timbro predominante di questo stile musicale è la devozione alla liturgia, e quindi il rispetto verso il testo cantato, che è la Sacra Scrittura. Le complesse composizioni corali non prevedono mai la modifica della lirica, il suo adattamento o arrangiamento; si è così costretti a dare vita ad un'opera che affianca alla bellezza musicale una coerenza di significato che ne accentua lo splendore. Infine, una delicata composizione sull'amore che - pur avendo un testo comprensibile solo a pochi spettatori oltre al musicista stesso - chiude la serata lasciando in bocca il sapore di una realtà che non è solo fatta di tragedie e di sofferenza, ma possiede anche un volto rilassato e sereno.

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