04/09/2014

RINASCIMENTO NEGATO

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Il Rinascimento non è l'antecedente storico del Made in Italy. Non è soltanto bei colori, corpi statuari, raffinatezza e buon gusto «che tutto il mondo c'invidia». Certo, ci sono anche quelli, ed è giusto parlare di arte sublime, ma Rinascimento e Umanesimo sono innanzitutto sinonimi di tensione e conflitto, d'inquietudine e di occasioni perse. Accanto al Quattrocento luminoso e puro c'è il secolo della sperimentazione e della trasgressione. C'è il secolo che inventa la censura, arma l'Inquisizione, uccide i propri figli prediletti. Giulio Busi e Raphael Ebgi - esperti d'Umanesimo mitologico, magico e cabbalistico - dialogano col filosofo Massimo Cacciari su questo Rinascimento negato. Discutono delle Conclusiones di Giovanni Pico, il primo libro a stampa bruciato dagli inquisitori, e s'affacciano sul cratere magmatico delle rimozioni e delle negazioni quattrocentesche, per recuperare veramente il passato e far rivivere la cultura italiana d'oggi.
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Italiano
Una vera e propria lezione, quasi un'esposizione di tesi di laurea. Relatore Massimo Cacciari. Tesi a cura di Giulio Busi e Raphael Ebgi. Al centro, la figura emblematica di Pico della Mirandola. Emblematica perché caratteristica di un certo tipo di Rinascimento negato, un Rinascimento che non è potuto esistere perché le discussioni che avrebbero arricchito quel tempo non ci sono state. Le "Conclusiones" di Pico furono infatti i primi testi ad essere bruciati dall'Inquisizione. Non furono quindi mai approfonditi, non diedero mai origine ad una discussione: fu il primo fallimento per Pico stesso, arrestato e salvato solo dall'intervento di Lorenzo il Magnifico che lo ospitò a Firenze. Un Umanesimo neoplatonico quasi completamente cancellato dagli eventi, dalla storia. Profondamente diverso da quello che poi prese piede, l'Umanesimo aristotelico civile di autori come il Machiavelli. Recupero quindi importante di questo autore da parte di Busi ed Ebgi, grazie al quale scopriamo di Pico tantissimi lati contraddittori, e proprio per questo interessantissimi e profondi: le grandi correnti della filosofia ebraica, araba e cristiana che quasi forzosamente vanno a convergere in un'unica rivelazione, come volevano i movimenti esoterici. Un'aurea catena che arriva fino a Gesù. Il molteplice delle fonti nell'Uno, nell'unum occulto dell'occulto, che comunque non si può svelare. Esegesi che si fa commento. Anche qui, come i cabalisti. Pico e la Cabala ebraica che si incontrano perché perfetti nella loro prospettiva filosofica comune. Che non rimane scuola di pensiero astratta, anzi. Gli strumenti che la Cabala offre permettono all'uomo addirittura il potere divino: la magia è potere. La magia permette di vincolare a noi il divino e gli altri uomini grazie all'amore, alla potenza che dà l'amore. Il carattere eversivo dello studio di Pico, e quindi il fallimento di cui parlavamo, fu quello di usare la Cabala anche per il Vangelo cristiano. E ci fu di più, come puntualizza Busi in leggero disaccordo con Cacciari (ma in verità completando la riflessione). La reazione violenta della Chiesa fu scatenata perché la proposta era fondamentalmente antigerarchica. Tutta la sapienza umana è orizzontale, senza un ordine, e tutte le opinioni sono sulle stesso piano, anche quelle del Papa, che doveva discutere con Pico proprio di queste cose. L'umanista si pone in questo modo eretico, e Giordano Bruno finirà proprio sul rogo. Un inizio della repubblica delle lettere autoproclamata che legge e discute verità staccate dal potere. E' vero che Pico fu profondamente cristiano, ma crede soprattutto nell'Adamo che può essere qualsiasi cosa, nell'Adamo camaleonte che dà il nome alle cose e con questo si impossessa di un potere divino. Un Umanesimo della parola adamitica. L'utopia democratica si manifesta anche con l'ostinazione di tradurre la lingua ebraica di antichissima tradizione in una lingua comprensibile. Perché tutto sia a disposizione di tutti. Meccanismo quasi incomprensibile ed evidentemente troppo moderno. C'è spazio infine per un breve spunto suggerito dall'intervento finale di Raphael Ebgi, giunto in ritardo a questa lectio magistralis: Pico è stato scomposto, smontato come pezzi di un meccano; nel libro degli autori ci sono le istruzioni; ai lettori e agli studiosi il compito di ricomporlo in tutte le sue sfaccettature e contraddizioni.

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