04/09/2014 - Promenade française

Eric-Emmanuel Schmitt con Carlo Annese

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Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano, Odette Toulemonde, I dieci figli che la signora Ming non ha mai avuto sono solo alcuni dei titoli che hanno reso celebre in tutto il mondo Eric-Emmanuel Schmitt: lo scrittore e drammaturgo belga, grazie a una vena narrativa felicemente prolifica, riesce a regalaresempre nuove occasioni d'incanto attraverso storie ogni volta originali che lasciano trasparire il piacere della riflessione filosofica, accompagnando il lettore a interrogarsi sulla libertà, la felicità, il destino, l'amore. E all'amore sono dedicati gli ultimi libri di Schmitt: La giostra del piacere, romanzo di scatenato erotismo nel quale un messaggio misterioso fa incrociare i desideri e libera le fantasie degli abitanti di una piazza nordeuropea; L'elisir d'amore, prove d'amicizia e di corrispondenza tra due amanti che si sono appena lasciati dopo una lunga storia.

Dialoga con Schmitt il giornalista Carlo Annese.
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«Lo scopo della letteratura è aiutarci a vivere meglio, a essere più saggi, tolleranti e comprensivi. È lo stesso fine che persegue la filosofia, però con mezzi diversi: la filosofia vuole spiegare il mondo, la letteratura celebrarlo». Parla con coscienza di causa Eric-Emmanuel Schmitt, all'attivo un dottorato in filosofia alla prestigiosa École Normale Supérieure di Parigi e la fama di «scrittore di lingua francese più letto al mondo», come ci assicura la quarta di copertina della sua ultima opera pubblicata in italiano, "Elisir d'amore". E osservando la coda di persone impazienti di assistere all'incontro con lui (che si dipana da Piazza Castello fin sotto il porticato di Palazzo Ducale) non si fatica a crederlo.
 «Non c'è niente di peggio», continua l'autore belga, «della letteratura pessimista, che dice che non val la pena di vivere: io credo che scrivere porti già in sé l'intento di comunicare con gli altri, di migliorare la vita propria ed altrui». Una 'filosofia di scrittura' che gli ha conquistato le simpatie di moltissimi lettori: il suo stile, definito dal giornalista Carlo Annese, suo interlocutore nel corso dell'evento, «semplice ma non leggero» («Sono un figlio di Italo Calvino»), si adatta ai molteplici filoni che percorrono la sua produzione: dai romanzi incentrati sull'incontro tra bambini e adulti (si pensi al celeberrimo "Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano", ma anche a "Oscar e la dama in rosa" e a "Il bambino di Noè") si passa alle rivisitazioni di biografie illustri (dall'omaggio obliquo a Maria Callas in "La rivale" alla riscrittura della vita di Hitler in "La parte dell'altro"), fino a giungere a opere, come le recentissime "La giostra del piacere" e "Elisir d'amore", incentrate sulle relazioni amorose e/o sessuali. Un 'e/o' su cui si è discusso lungamente nel corso dell'incontro: come si articola il rapporto tra amore e sesso? «Nell''Elisir' cerco di mostrare che l'amore disegna due paesi: il paese dei sentimenti e il paese del desiderio. Nel primo c'è l'affetto, ma non il piacere sessuale. Nel secondo i sentimenti non ci sono per forza: dato che nel sesso si cerca il piacere, esso ha sempre una componente d'egoismo; quindi le relazioni sessuali possono riuscire benissimo senza affetto. Il problema è che le storie d'amore si situano spesso al confine tra i due paesi, e non sempre si riesce a distinguerli...». Come fare, quindi, a vivere pienamente un rapporto? «Amore e sessualità non bastano: servono anche volontà e intelligenza. Comunque io sono di quelli che credono che l'amore sia un ideale degno di essere cercato. E non dobbiamo aspettarlo, ma generarlo».  A proposito invece della scelta, per "Elisir d'amore", del genere epistolare, Schmitt racconta: «Amo moltissimo i romanzi epistolari del Settecento, in particolare 'Le relazioni pericolose' di Laclos; ma le lettere della sua epoca erano molto diverse dai nostri e-mail: nel Settecento i tempi di trasmissione erano lunghi, e quindi si doveva meditare minuziosamente su cosa si scriveva; i risultati non erano lettere emotive ma un concentrato altamente ragionato di informazioni. Oggi e-mail e sms permettono sia di essere riflessivi, sia di essere molto diretti ed emotivi. Amo gli sms: usare il minimo di caratteri per il massimo di significato... sono degli haiku!». Se le opere di Schmitt sanno spaziare tra svariate tematiche, toccando la malattia, la morte, l'amore, il sesso, l'infanzia, il rapporto tra culture diverse e molto altro, la stessa pluralità d'interessi segna la sua vita: membro dell'Accademia reale belga per la lingua e la letteratura francese («ho ricevuto la poltrona più bella, quella che era stata di Colette e Cocteau»), l'autore affianca alla passione per la filosofia («purtroppo il successo mi ha trasformato: ero un filosofo che faceva lo scrittore della domenica, ora sono uno 'scrittore della settimana'») quella per la musica («il mio piano è il mio diario; capisco il mio stato d'animo in funzione dei pezzi che suono»), ed è persino proprietario di un teatro: «Qualche anno fa ho scritto con grande emozione, una pièce su Anna Frank, dove raccontavo l'amore di suo padre per lei. Quando l'ho proposta a dei direttori di teatro parigini, però, non l'hanno voluta: dicevano che in tempo di crisi ci volessero storie divertenti, che sollevassero l'umore della gente. Io ero talmente arrabbiato che ho comprato un teatro. Il primo spettacolo è stato "Il diario di Anna Frank". Oggi siamo alla 220esima replica...». E cosa pensa Eric-Emmanuel Schmitt dei propri libri? «Non ho idea di che impressione faccia leggerli; però una volta ho potuto osservare le reazioni di un mio lettore. Mi trovavo in treno e seduto vicino a me c'era un uomo, molto antipatico, che stava leggendo "Il Vangelo secondo Pilato". Lui non mi ha riconosciuto, così mi sono detto: bene, vediamo dunque che effetto fa leggere un mio libro! Lui l'ha aperto. Il treno è partito. E un attimo dopo, dormiva».

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