07/09/2017
SFIDARE LA VITA
2017_09_07_023
dai 13 ai 16 anni
Artista poliedrico e autore amatissimo, Jordi Sierra i Fabra arriva a Festivaletteratura dopo la pubblicazione di "Campi di fragole", il suo romanzo più tradotto e premiato, da cui è stato tratto un film di successo. Al centro della scena una storia di droga. Lluciana vuole solo divertirsi, ballare e uscire con gli amici e ama le nuove esperienze. Ma quando la nuova esperienza è una pasticca di ecstasy, assunta in nome di un piccolo atto di trasgressione, la serata in discoteca volge al peggio e la ragazza entra in coma. Il romanzo ripercorre i giorni successivi al dramma e ci mostra giornalisti senza scrupoli alla ricerca di una nuova storia, la disperazione degli amici, il dolore e l'incredulità dei genitori, le indagini della polizia. Ma soprattutto lo scrittore catalano riesce a raccontare i ragazzi senza preconcetti e stereotipi, mostrando un'adolescenza che è ricca di speranza, di affetto e di voglia di migliorare e di rimediare ai propri errori. Come ben sa Marilù Oliva, scrittrice ("La squola") e insegnante.
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Jordi Sierra i Fabra, di origine catalana, sulla settantina «anche se non si direbbe» (ride, ndr), si presenta subito come una persona positiva e sorridente ai tanti ragazzi presenti questa mattina alla Casa del Mantegna. L'autore, conversando con la scrittrice Marilù Oliva, afferma che per scrivere l'acclamato romanzo - ormai diventato libro di culto per gli adolescenti spagnoli - "Campi di fragole", è partito da un fatto reale: una ragazza di origine inglese ricoverata in ospedale in seguito all'assunzione di una droga (proprio come nel libro), ma ciò che ha realmente colpito Sierra i Fabra è che il padre dell'adolescente ha acconsentito alla pubblicazione della foto della figlia in ospedale, come monito, lo stesso motivo per cui anche lui stesso ha deciso di pubblicare il romanzo. L'autore spiega poi ai ragazzi che prima di scrivere il libro ha studiato e si è informato - anche frequentando discoteche - sul tema della droga; questo perché, pur essendo un critico musicale fin dalla gioventù, quindi da sempre circondato da persone che facevano uso di sostanze, ha avuto la forza di dire «no». Anche Luciana, la protagonista, avrebbe dovuto trovare il coraggio di opporsi, facendosi guidare dal suo istinto, che come ci ricorda l'autore «è la chiave di tutto», ciò che ci spinge a credere di più in noi stessi e a lottare per diventare quello che vogliamo. Quello che Sierra i Fabra ha sempre fatto, anche quando da piccolo nessuno l'aveva mai incoraggiato a scrivere, soprattutto il padre che lo voleva matematico. Invece l'autore, che da bambino era balbuziente, ha scoperto che l'unico strumento che aveva per comunicare con gli altri era proprio la scrittura. A scuola era vittima di bullismo e il suo sogno l'ha salvato: affermazione che porta i tanti ragazzi e ragazze del pubblico a identificarsi subito con lui. È stata proprio la sua voglia di raggiungere l'obiettivo di diventare scrittore, il motore propulsivo di tutta la sua vita. Riprendendo il titolo dell'incontro, "Sfidare la vita", quella di Jordi Sierra i Fabra è stata certamente una sfida continua, dai pericoli scampati alla balbuzie sconfitta: una guerra personale da cui però è sempre uscito vincitore. I piccoli volontari della redazione junior sono più che pronti. Saranno loro a raccontare gli eventi con nuove prospettive e presentare i laboratori della Casa del Mantegna, dedicati al nostro pubblico più giovane. Jordi Sierra i Fabra, amatissimo scrittore spagnolo che ha completamente dedicato la sua vita alla scrittura per giovani è presente per parlare di "Campi di fragole", il suo romanzo più famoso e premiato. Questo romanzo tratta uno degli argomenti clou di questo momento: l'utilizzo della droga da parte degli adolescenti. Lluciana, la protagonista, ama le nuove esperienze e durante una nottata in discoteca si fa convincere dai suoi amici a provare una pasticca di ecstasy. L'esperienza si trasforma in un incubo, la ragazza entra in coma ed è costretta a giocare una partita a scacchi contro la morte. L'autore ricorda nel romanzo quando ha dovuto prendere una delle decisioni più importanti di tutta la sua vita: se accettare o meno della droga. Ha infatti sempre frequentato personaggi importanti nell'ambito musicale come Madonna, Elton John, i Beatles, i Rolling Stones, Freddy Mercury, Michael Jackson... durante le loro feste la cocaina veniva servita su piatti d'argento come se fosse un antipasto. La sua scelta è dipesa dalla voglia che ha sempre avuto di diventare uno scrittore e per fare questo la sua mente e il suo corpo dovevano essere liberi da ogni sostanza che potesse fermare la creatività. Le uniche droghe di cui fa uso sono: la voglia di scrivere, il cinema, viaggiare e le storie della buonanotte che richiede ancora adesso. L'autore non si è mai lasciato abbattere da chi, come il padre, voleva che lui diventasse un matematico o dai maestri che lo deridevano davanti alla classe. Racconta di avere tre modi di scrivere e trovare l'ispirazione. Il primo mentre legge il giornale quotidiano e ritaglia le notizie di cronaca: «cerco storie, non notizie». Il secondo metodo di ispirazione è per lui viaggiare per tutto il mondo e osservare, ascoltare e parlare con le persone. Il terzo e ultimo è semplicemente quello di utilizzare la sua immaginazione, la fantasia per creare mondi fantastici. Le cinque parole portanti su cui ha costruito la sua vita sono: pace, amore, rispetto, onorabilità e, forse la più importante, la speranza che cerca sempre di inserire nei suoi romanzi. L'evento termina con un consiglio molto prezioso che l'autore dà ai suoi aspettatori: vivere fino all'ultimo, «nasciamo come un assegno in bianco e sta a noi decidere come spenderlo».