10/09/2017

LA VOCE DI UNA IMMENSA NAZIONE

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Yu Hua ha iniziato a scrivere tra i corridoi dell'ospedale in cui lavoravano entrambi i genitori. Considerato uno dei maggiori rappresentanti della letteratura cinese contemporanea, si è sempre definito «non istruito»: «Conosco soltanto duemila caratteri. Entrai alle elementari all'inizio della Rivoluzione culturale e quando finì dovevo diplomarmi, quindi la mia istruzione coincise con quei dieci anni di caos. Un periodo che potremmo paragonare al Medioevo europeo». E proprio la Rivoluzione culturale di Mao fa spesso da sfondo alle vicende che aprono nelle sue opere squarci grotteschi e tragicomici sulla realtà cinese. Capace di giostrarsi tra i registri più disparati, l'autore di Hangzhou (dalla cui penna sono nati "Vivere", "Brothers" e "Cronache di un venditore di sangue") affresca in maniera spietata un Paese dalle tante contraddizioni ed eccessi, trovandosi spesso ad affrontare un sistema più tollerante di un tempo, ma ancora insidioso, come dimostrano le critiche negative riservate a "Il settimo giorno", in cui le diseguaglianze tra ricchi e poveri si livellano solo di fronte al trapasso. Lo intervista Marco Del Corona, giornalista esperto di questioni asiatiche.
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