12/09/2004
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John Coetzee ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura nel 2003. Come recita la motivazione dell'Accademia Reale Svedese «Coetzee è uno scettico scrupoloso, inesorabile nella sua critica del crudele razionalismo e della moralità cosmetica della cultura occidentale. La sua onestà intellettuale erode ogni base di consolazione e si distanzia dal facile dramma di rimorso e confessione. È esplorando la debolezza e la sconfitta che Coetzee cattura la scintilla divina che sta nell'uomo». A Festivaletteratura l'autore di "Elizabeth Costello" legge un suo scritto. Lo introduce Paola Splendore, del Dipartimento di Letteratura Comparate dell'Università di Roma Tre.
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Negli scritti di J. M. Coetzee sempre le storie si interrogano sulla Storia, a volte ne sono lo specchio allegorico, lo 'Spemet' di cui parlava Primo Levi. Così anche il racconto letto dall'autore stasera, con fare e tono austero e raffinato, è una spina, un motivo disturbante di riflessione. Con Elisabeth Costello, protagonista e voce narrante, scrittrice settantaduenne, siamo trascinati in un flusso di pensieri che, come in un vortice, vanno sempre più a fondo. E pensiamo al timore di invecchiare e di accettare l'atteggiamento di chi si congela. Al peso delle parole e del linguaggio. Al 'deplorare' e al suo rapporto con la denuncia. Alla vecchia Europa, cullata dal Mediterraneo, all'Australia, agli Stati Uniti, alla loro politica internazionale e all'eventuale vergogna di abitarvi. E, naturalmente, come in un cerchio che si chiude, alla Storia, a Clio che forse è divenuta sciocca e superficiale o forse è stata rapita da una banda di teppisti che la torturano e le fanno dire cose che non intende dire.