10/09/2005 - Il tempo dello sport


NOVE ROUND, NOVE SCRITTORI


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«Preferirei diventare campione del mondo dei pesi massimi che Presidente degli Stati Uniti», disse una volta Jack London. E la boxe è stato senza dubbio lo sport che più di ogni altro ha saputo affascinare gli scrittori. Emanuela Audisio, giornalista sportiva e autrice di "Bambini infiniti", ripercorre gli stretti rapporti tra 'nobile arte' e letteratura attraverso la lettura di nove racconti di celebri autori. Ospite d'onore Paolo Vidoz, campione europeo dei pesi massimi.


L'evento 149 ha subito variazioni rispetto a quanto riportato sul programma. Originariamente era prevista la presenza di Paolo Vidoz, assente perché impegnato nella preparazione di un match, il quale è comunque intervenuto con una conversazione telefonica durante l'evento.
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La sedia vuota sul palco al Campo Canoa viene riempita dalla voce di Paolo Vidoz che al cellulare di Emanuela Audisio racconta come si riesca a vedere lo specchio dell'anima negli occhi di un pugile. La voce del pugile goriziano arriva gracchiante e con il fiatone in quanto si trova sul ring ad allenarsi, ma giunge pulita quando gli viene chiesto cosa si prova ad essere colpiti sotto la cintura: «te senti mal!». Massimo Vincenzi accompagna la giornalista romana nella lettura ed il commento di nove brani tratti da libri scritti da sportivi o da grandi autori che amano la nobile arte. Attraverso i racconti di Osvaldo Soriano che usa la metafora del pugilato per descrivere le ansie sociali di un popolo oppresso da una dittatura, che come un boxer incassa infiniti colpi, ma non crolla. Oppure Norman Mailer che con stile alla Hemingway racconta l'epico scontro tra Foreman e Clay a Kinshasa, ricreando il pathos e gli avvenimenti con tratti diretti e forti. Lo sconforto che accompagna il vecchio atleta che si confronta con il giovane alle prime armi sapendo che la sua migliore tecnica e l'esperienza non basteranno a vincere viene sapientemente illustrato da Jack London, grande amante di tutti i risvolti del ring. Sì, perché il pugilato ha sempre attirato i grandi artisti, in quanto aiuta a capire meglio chi sei; per questo Miles Davis amava ricordare quando gli dicevano: «Suoni il Jazz come un pugile».

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