07/09/2006

Mariangela Gualtieri con Antonio Moresco


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«C'è un dolore che sembra riguardare soprattutto l'occidente: la spaccatura micidiale fra noi e l'anima del mondo, quell'energia intuita e sempre tradita, che ci tiene vivi». La poesia di Mariangela Gualtieri, fondatrice del Teatro Valdoca, muove dalla voglia di dare voce a questa energia «resa retorica e melensa dalla lingua corrente». Incontra l'autrice di "Senza polvere senza peso" lo scrittore Antonio Moresco.

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L'incontro tra Mariangela Gualtieri e Antonio Moresco nasce in in modo un po' strano. Lo scrittore mantovano sembra quasi impacciato nel presentare questa poetessa, tanto straordinaria quanto discreta. Per sciogliere la tensione ci narra un aneddoto: lui da ragazzo abitava poco lontano dalla chiesa dove sta avendo il suo corso l'evento, ma soltanto questa sera, grazie a Mariangela, scopre l'esistenza del suo bellissimo chiostro. La forza della poesia. Moresco descrive la poetica dell'artista al suo fianco avvicinandola alle grande mistiche medievali, a esponenti della fioritura letteraria giapponese dell'anno 1000, ai pellerossa; usa termini quali semplicità, serenità, commozione, ma anche febbrilità e distillazione del dolore. Riassumendo tutto in un canto di Emily Dickinson, che l'autore di "Clandestinità" dedica alla Gualtieri, cedendole la parola. Ha inizio la magia: il Chiostro di San Barnaba ammutolisce, forse un poco trema, soffre dei e nei versi di Mariangela, che nondimeno, nonostante l'abisso che la voce della poetessa pare scavare nell'aria, rimangono una sorta di resa di grazie per la bellezza che ci è data. Perché al di là delle brutture del quotidiano «c'è anche tanto splendore, anche in noi». La poesia nasce dal dolore, ma conserva quella tensione positiva che ne è la cifra determinante; è comunque un dono, mai una condanna. Citando Paul Celan, la poesia non è altro che un «dono che implica destino». E non ci sono parole da aggiungere.

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