06/09/2007
Chuck Palahniuk con Tullio Avoledo
2007_09_06_032
«Io voglio scrivere libri che tengano il lettore attaccato alla pagina, che lo facciano divertire da pazzi... E a questo scopo sono pronto a tutto: a fare esplodere bombe, a inventare i personaggi più pazzeschi»: autore di culto non solo per le giovani generazioni, Chuck Palahniuk parla dei suoi libri ("Fight club"; "Ninna nanna") e delle sue storie con lo scrittore Tullio Avoledo, con il quale ha una curiosa frequentazione epistolare.
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Frammenti di racconti, di quelli comuni, ordinari, che non trovano spazio nelle cronache dei giornali o che non meritano magari di essere ricordati come vicende umane che stravolgono la storia. Chuck Palahniuk si ispira alle vite degli uomini di 'provincia', di quelle persone che restano nascoste, incagliate nello scorrere dei giorni. Lo scrittore americano si è raccontato così, questo pomeriggio, al pubblico di Festivaletteratura, prestandosi alle domande dell'autore italiano Tullio Avoledo con eleganza quasi insospettabile (abito verde chiaro, camicia bianca) non apparendo spaventoso come le pagine dei suoi romanzi potrebbero dare a pensare. Ha parlato con fare gentile dei suoi libri dove è normale che un padre di famiglia si trasformi in un assassino utilizzando come arma del delitto una semplice "Ninna nanna", o che uno studente di medicina, la cui carriera accademica è ormai fallita, arrivi a fingere di "Soffocare" per sopravvivere. Palahaniuk rende così omaggio a vite apparentemente 'normali' sviscerandole in tante sfaccettature e sfumature. Nel confessarsi nel Cortile della Cavallerizza, l'autore di "Fight Club" racconta così la nascita dei suoi personaggi che prendono vita grazie a un orecchio attento, prestato ai drammi comuni. Chi passa per il suo confessionale, lo fa perché sa di non ricevere in cambio giudizi o penitenze, bensì popolarità. Anche l'ultimo romanzo tradotto in Italia, "Rabbia", si presenta come una biografia orale, dove i diversi narratori nel ricordare un concittadino, finisco per raccontare se stessi. Ad emergere è la sua formazione giornalistica e la distinzione tra quest'ultima e scuola accademica, Palahniuk ci tiene a farla: chi proviene dal college si presenta per lui con un bello scrivere, chi proviene dal giornalismo probabilmente ha uno stile più scarno, ma dà vita alle storie in modo che il linguaggio non sia fine a se stesso. Non per questo Palahniuk diventa parsimonioso nella cura dei dettagli lessicali: particolare che argomenta lui stesso con un aneddoto. «Per esempio un mio amico al college - dice attraverso la voce del suo traduttore - è stato lasciato dalla sua fidanzata perché aveva una 'linetta' nel volto e lei questo non lo poteva accettare». Il fatto stesso di non saper definire quella 'linetta', per Palahniuk, diventa un limite nel raccontare questo episodio. «Io non invento storie - precisa l'autore americano - semplicemente utilizzo il linguaggio giusto per raccontarle».