06/09/2007 - Le bucoliche di Virgilio

LE BUCOLICHE DI VIRGILIO


2007_09_06_051
Libri III e VI nella rivisitazione di Giorgio Bernardi Perini

direzione artistica di Gianfranco De Bosio, musiche di Gabriella Zen


In occasione dell'uscita della nuova edizione del "Bucolicon Liber" curata da Giorgio Bernardi Perini, Festivaletteratura propone in quattro serate la lettura integrale delle egloghe virgiliane secondo la sceneggiatura pensata da Gianfranco De Bosio e accompagnata dalle musiche appositamente composte da Gabriella Zen. In scena gli allievi della Scuola del Piccolo Teatro di Milano con accompagnamento musicale degli allievi del Conservatorio Campiani di Mantova.
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Italiano
Attraverso gli archi della piccola esedra di Palazzo d'Arco, lo spettatore ammira immediatamente il giardino illuminato della magnifica residenza. Una finestra sul mondo di Virgilio, sul mondo descritto nelle "Bucoliche", sull'Arcadia. Il termine 'bucolica' (sottinteso 'carmina', canti, poesie) designa componimenti a sfondo pastorale: canti di pastori, canti nei quali agiscono pastori. La poesia bucolica aveva avuto la sua consacrazione come genere letterario nel mondo ellenistico, soprattutto per merito di Teocrito, poeta greco del III secolo, autore degli "Idilli", una raccolta di brevi poemetti, alcuni dei quali a carattere bucolico. Questo genere letterario dopo Teocrito ebbe tutta una sua tradizione nella letteratura ellenistica. Nella letteratura latina Virgilio fu il primo a comporre in questo genere letterario. La poesia bucolica ebbe probabilmente la sua origine nell'ambiente pastorale greco, in quei canti popolari che i pastori della regione dell'Arcadia componevano, spesso in gara tra loro, accompagnandosi col suono di semplici strumenti. La poesia bucolica d'arte nasceva dal mito dell'Arcadia, cioè dall'idealizzazione di una vita semplice e serena, fuori dalla storia, quale appariva, in una società artefatta come quella ellenistica, quella dei pastori. E Virgilio, quando la scrive, si trova a vivere in un momento storico tragico e caotico, durante guerre civili che spaccano l'Urbe e che rendono precario e confuso il vivere quotidiano. A questa angoscia dei tempi Virgilio contrappone l'Arcadia, il mondo dei pastori, il sognato giardino epicureo. Le "Bucoliche" ebbero subito larga diffusione presso i contemporanei. Sappiamo che furono anche recitate sulla scena con grande successo. Allo stesso modo vengono riproposte ora, in occasione della nuova edizione del "Bucolicon Liber", curata da Giorgio Bernardi Perini. Sul palco, alle cui spalle rimangono sempre aperte le finestre sul giardino illuminato, i bravissimi allievi della Scuola del Piccolo Teatro di Milano, con accompagnamento musicale degli allievi del Conservatorio Campiani di Mantova, propongono in quattro serate la lettura integrale delle egloghe virgiliane secondo la sceneggiatura di Gianfranco De Bosio e le musiche di Gabriella Zen. Possiamo ascoltare e farci trasportare facilmente, grazie a questo affascinante allestimento, all'interno di questo testo sul quale si esercitò sempre il gusto all'interpretazione allegorica. Sappiamo per esempio che proprio dall'interpretazione simbolica della IV ecloga nacque l'immagine di Virgilio profeta e mago, del «savio gentil che tutto seppe». Il testo è pieno di riferimenti allegorici, di miti, di figure particolari da interpretare. L'uomo rimane sempre il soggetto dell'analisi del poeta insieme a tutte le passioni che lo caratterizzano come l'amore («l'amore amaro, l'amaro amore»). Le dieci egloghe, costruite in una particolare sequenza, sommariamente si possono riassumere come segue: nella I vi è il dramma degli 'espropriati' in favore dei veterani congedati di Cesare (una situazione tristemente autobiografica per Virgilio), nella II l'amore tra due pastori (cassata ed eliminata dai testi scolastici...), nella III troviamo una contesa canora, nella IV il famoso avvento del bambino (puer) che rigenererà il mondo e darà inizio ad una nuova età dell'oro (e qui le interpretazioni nei secoli si sprecarono), nella V si parla di Dafni pastore bellissimo e perfetto, nella VI si continua con la poesia pastorale e i suoi miti, nella VII un'altra gara e questa volta il paesaggio non è generico ma proprio quello della campagna mantovana (sulle rive del Mincio), nell'VIII i sentimenti forti della gelosia pura e della gelosia protesa negli incantesimi, nella IX si torna al motivo dell'esproprio forzato e nella X ancora l'amore (dementia) che in generale è visto come corruttore del giardino epicureo.

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