12/09/2009 - ex-Jugoslavia: voci di una letteratura dispersa


TRA ASILO ED ESILIO


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Molti degli scrittori croati, bosniaci e serbi hanno abbandonato per forza o per scelta il proprio Paese a seguito del conflitto e dell'intolleranza nazionalista. Dalla diaspora jugoslava si è sviluppata una produzione letteraria ampia, spesso consonante nei temi e nella ridefinizione delle strutture narrative e della lingua. Il confronto con la memoria nel bisogno di ricostruzione - intesa come risarcimento di verità, ricomposizione del sé, aspirazione a un futuro - è senza dubbio una costante, variamente declinata, di questa produzione. Bora Cosić, autore di origine serba ("Il ruolo della mia famiglia nella rivoluzione mondiale"; "I morti. Berlino nelle mie poesie"), e la giovane Elvira Mujcic, scrittrice bosniaca in lingua italiana ("E se Fuad avesse avuto la dinamite?"), ne parlano con lo scrittore e saggista croato Predrag Matvejević.

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Italiano
Serbo-croato (latino)
"Asilo ed esilio" ha presentato sabato 12 alle 18.30 a Palazzo d'Arco una Jugoslavia vista con gli occhi dei suoi scrittori: Bora Cosić, Elvira Mujcic, che sono stati introdotti da Predrag Matvejević.
Un viaggio attraverso le pagine di una delle storie più sofferte d'Europa, ma anche un momento dedicato a tutte quelle persone che sono o si sentono in esilio. I tre autori, di origine serba, croata e bosniaca, hanno raccontato non solo della propria esperienza di scrittori, ma anche i momenti di guerra vissuti sulla propria pelle.
Per Bora Cosić non si è trattato di un esilio, ma di uno spostamento, un semplice cambio di residenza, che non è mai stato seguito da un ritorno perché un luogo dove ritornare adesso non c'è più.
«Uno scrittore è sempre in esilio - racconta lo scrittore serbo - in fuga da un regime lontano da un ideale, che lo spinge ad attaccarsi sempre di più alla propria scrivania».
Elvira Mujcic ha lasciato la Bosnia all'età di 14 anni ed è arrivata nel nostro Paese come profuga. Da subito ha provato una certa nostalgia per quei luoghi dai quali è stata strappata ancora bambina, ma poi ha trovato nell'Italia un luogo pronto ad accoglierla e che ora sente proprio.
I primi scritti sono nati sotto forma di diario, per il bisogno di ricordare. «La scrittura - afferma - è stata come una terapia che è servita a ricercare la mia memoria e la mia identità, e questa ricerca è comune a tutti gli scrittori jugoslavi: è così che è possibile riappropriarsi di sé stessi».
Per assurdo, per tutti questi autori l'esilio è il vero luogo dove ritrovare un'identità.

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