12/09/2010 - Biblioteca Flaiano

VISITA GUIDATA ALLA BIBLIOTECA FLAIANO


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La guida di oggi è Bruno Gambarotta, scrittore umoristico, autore e conduttore radiofonico e televisivo, giornalista.


Negli scaffali della Biblioteca Flaiano è possibile trovare spiegazioni, fare scoperte sorprendenti, non capacitarsi di clamorose assenze. Rileggere un autore attraverso i libri che leggeva ci permette forse di non capire tutto, ma senz'altro di avere qualche nuova illuminazione. Soprattutto per un autore come Flaiano, che poco è stato studiato come lettore. Per provare a tendere dei fili tra gli autori frequentati da Flaiano e la sua eterogenea produzione letteraria, quattro guide d'eccezione si alternano a condurre il pubblico nella visita alla biblioteca, in compagnia del bibliotecario Umberto Massarini.
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A conclusione del ciclo di incontri con la biblioteca Flaiano è Bruno Gambarotta a mettere il punto.
Al contrario degli intellettuali che l'hanno preceduto, (Marcello Veneziani, Hans Tuzzi e Anna Longoni), il brillante astigiano sceglie di partire da Flaiano per parlare di libri e non viceversa, soffermandosi sulla peculiare capacità del pescarese di analizzare e vivisezionare il carattere del popolo italico. Parla di quel sentimento acre, e non solo della noia cui accennava Veneziani, che lo ha accompagnato durante tutta la vita nella sua solitudine, nel suo mondo privo di speranze.
Gambarotta tratteggia poi quelli che definisce «due atteggiamenti di fondo nei confronti della natura umana»: alcuni credono che la natura dell'uomo sia emendabile e che sia possibile intervenire per migliorarla, altri invece credono che non la si possa cambiare e che «la civiltà sia solo una sottile vernice» pronta a scrostarsi alla prima occasione e a rivelare la bestia. Ecco Flaiano, anche se non lo ha mai esplicitato, apparteneva alla seconda categoria, aveva questa «visione di conservatore illuminato, di pessimista» cosa che forse spiega il suo atteggiamento nei confronti del fascismo e del dopo-fascismo, al di là delle pagine bellissime che dedicò ai voltagabbana. E parlando di questi, pensiamo cosa direbbe adesso, si chiede Gambarotta suscitando l'ilarità del pubblico, e conclude «peccato sia morto...».

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