05/09/2013 - Il paese più straniero

IL MODERNO IN LINGUA ANTICA

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«Per me il latino significava qualcosa di più: (...) mi sembrava una via per ritrovare quegli 'universali' ai quali la poesia dei nostri anni dolorosamente per necessità si negava, per ridisegnare, anche se con possibilità di ricezione quasi pari a zero, una visione paradigmatica dell'umano». All'interno della poesia di Fernando Bandini il ricorso al latino come strumento espressivo s'iscrive in un programmatico esercizio di «poeta in lingua morta», che cerca invece in un maggiore rigore formale la via per restituire senso al proprio rapporto col contemporaneo. Insieme a Massimo Natale, ricercatore presso l'Università di Verona, Bandini torna sulla sua produzione latina considerandola nel quadro più ampio del rapporto della poesia italiana del Novecento con i classici latini, che ha coinvolto, a partire da Pascoli, autori come Zanzotto, Luzi, Sereni, Caproni.
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Italiano
Massimo Natale inizia introducendo vita e opere di Fernando Bandini (nel frattempo si è fatto portare un bicchiere d'acqua e un calice di vino bianco). L'autore esordisce con un aneddoto riguardante la prima volta che fece l'esame di latino all'università: il professor Traìna (presente tra il pubblico in prima fila), con cui negli anni successivi ha instaurato un solido rapporto d'amicizia, all'epoca lo bocciò dicendogli esplicitamente di «ritornare a studiare il latino seriamente». Apparentemente distruttivo, il commento del Professore si rivelò fondamentale: riprese effettivamente a studiare il latino, prestando attenzione ad ogni singola parola. Bandini studiava all'università di Padova, meta anche di studenti mantovani. Secondo l'autore nei mantovani è riconoscibile la "Virgilianità", ovvero una sorta di modo di esprimersi, di parlare, di descrivere che sposa latino e lingua attuale tipica di queste zone. 
Bandini sorseggia dal suo calice e subito riprende a raccontare, ha ripreso a studiare il latino partendo dal dizionario: lo consultava ogni volta che doveva tradurre una parola, giorno dopo giorno fino a che l'ha abbandonato sopra uno scaffale. La difficoltà principale, spiega, è individuare le sillabe: tutto sembra senza senso, senza indizi, fino a che a un certo punto le nuvole si diradano e si vede 'la luce'. Tanto che ha scritto il suo primo trattato di ornitologia (essendo appassionato di uccellini) in latino e ha continuato a produrre in questa lingua solo apparentemente morta.
Massimo Natale poi gli ha poi chiesto di leggere una poesia di Montale, "La Bufera", tradotta da Bandini stesso e definita «di facile traduzione», accolta immediatamente da stupore e curiosità e ancora dalla declamazione di una poesia in dialetto vicentino, capace, come molti dialetti settentrionali, di rievocarlo. 

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