05/09/2013 - Tracce
LA PRESENTATRICE SI PRESENTA
2013_09_05_TR2100
Che cosa avrà provato Elda Lanza la prima volta davanti alle telecamere? Frequentatrice delle lezioni di Sartre alla Sorbona, sceneggiatrice di fumetti e fotoromanzi, giornalista di arredamento per caso, diventa nel 1952 la prima presentatrice della TV e incontra nella sua carriera personaggi come Giorgio Gaber, Walter Chiari, Ingrid Bergman, Lucio Fontana, Umberto Eco...
English version not available
Italiano
«Ma come ci è finita questa qui a 89 anni, vestita con una tunica bianca, le scarpe da ginnastica e un'enorme borsa oro al braccio, sul palco? Ecco. Adesso ve lo racconto». È instancabile Elda Lanza, lo dicono i volontari che da stamattina la vedono partecipare ad eventi e fare interviste sempre con il sorriso sulle labbra, e anche stasera ha voglia di raccontare la sua storia.
Una storia fatta di anni di otto anni di collegio, di università in giro per l'Europa, di primi lavori come fumettista e articolista per Grazia. E di televisione. Nel 1952, c'è infatti lei davanti ad una telecamera con una piccola luce rossa, mentre con il suo 'buonasera' inizia, dopo quattordici provini, le trasmissioni che la consacreranno negli anni come la prima presentatrice donna della storia della televisione italiana.
Lavora fino al 1971. Fino a quando capisce che la televisione per come lei, ragazza timida e di buona famiglia, la concepisce non esiste più. Che si sta trasformando «da un trenino a vapore per pochi a quello che è oggi un mezzo supertecnologico e velocissimo» dove i presentatori passano la serata correndo da una parte all'altra con il sorriso paralizzato e tutto è in funzione di auditel e pubblicità. «Un brutto gatto che si mangia un'orrida coda» tanto che l'unica cosa da fare è guardare Montalbano e poi usare il telecomando per spegnere. Per questo decide di lasciare, iniziando una seconda vita, re-inventandosi scrittrice di gialli. Lei che i gialli non li aveva mai letti e non sapeva nemmeno di voler scrivere un giallo , «solo che a pagina 2 la signorina Olga era già morta e bisognava pur trovare il colpevole», comincia a tracciare la storia del commissario/avvocato Max Gilardi, storia che, dopo due libri, continuerà nel terzo (che sta scrivendo) e nel quarto (che ha in testa ma arriverà sicuro).
Mezz'ora di Traccia, sotto il tendone di Piazza Sordello, è poca per descrivere una vita del genere. Gli episodi che, sollecitata dal pubblico, divertita racconta sono infiniti: di quando faceva i dispetti a Umberto Eco, di quando lavorava con Walter Chiari e Giorgio Gaber, di quando da giovanissima studiava con Jean-Paul Sartre e ascoltava Simone de Beauvoir parlare di donne e della necessità di combattere per difendere i propri diritti. Guarda il pubblico con tristezza. Possibile che abbiamo lottato tanto per nulla? Possibile che le donne oggi abbiano paura a uscire per strada? Che i giovani non riescano più a combattere per ciò in cui credono e si accontentino di un po' di speranza?
Lei invece ha ancora voglia di fare. 89 anni e non sentirli, una forza incredibile, il cuore in gola «perché sono timida e perché a voi ci tengo» e una grazia infinita, condita da umorismo elegante e mai banale. Così, quando le chiedono qual è il segreto della sua giovinezza, la risposta dopo un attimo di esitazione è la cosa più semplice (e complicata) in assoluto: «Saper ridere molto, anche quando non si è sereni, e imparare a ridere di se stessi, guardandosi in faccia senza mai pesarsi troppo».
Lavora fino al 1971. Fino a quando capisce che la televisione per come lei, ragazza timida e di buona famiglia, la concepisce non esiste più. Che si sta trasformando «da un trenino a vapore per pochi a quello che è oggi un mezzo supertecnologico e velocissimo» dove i presentatori passano la serata correndo da una parte all'altra con il sorriso paralizzato e tutto è in funzione di auditel e pubblicità. «Un brutto gatto che si mangia un'orrida coda» tanto che l'unica cosa da fare è guardare Montalbano e poi usare il telecomando per spegnere. Per questo decide di lasciare, iniziando una seconda vita, re-inventandosi scrittrice di gialli. Lei che i gialli non li aveva mai letti e non sapeva nemmeno di voler scrivere un giallo , «solo che a pagina 2 la signorina Olga era già morta e bisognava pur trovare il colpevole», comincia a tracciare la storia del commissario/avvocato Max Gilardi, storia che, dopo due libri, continuerà nel terzo (che sta scrivendo) e nel quarto (che ha in testa ma arriverà sicuro).
Mezz'ora di Traccia, sotto il tendone di Piazza Sordello, è poca per descrivere una vita del genere. Gli episodi che, sollecitata dal pubblico, divertita racconta sono infiniti: di quando faceva i dispetti a Umberto Eco, di quando lavorava con Walter Chiari e Giorgio Gaber, di quando da giovanissima studiava con Jean-Paul Sartre e ascoltava Simone de Beauvoir parlare di donne e della necessità di combattere per difendere i propri diritti. Guarda il pubblico con tristezza. Possibile che abbiamo lottato tanto per nulla? Possibile che le donne oggi abbiano paura a uscire per strada? Che i giovani non riescano più a combattere per ciò in cui credono e si accontentino di un po' di speranza?
Lei invece ha ancora voglia di fare. 89 anni e non sentirli, una forza incredibile, il cuore in gola «perché sono timida e perché a voi ci tengo» e una grazia infinita, condita da umorismo elegante e mai banale. Così, quando le chiedono qual è il segreto della sua giovinezza, la risposta dopo un attimo di esitazione è la cosa più semplice (e complicata) in assoluto: «Saper ridere molto, anche quando non si è sereni, e imparare a ridere di se stessi, guardandosi in faccia senza mai pesarsi troppo».