07/09/2013 - Latinoamericana
ALBUM LATINOAMERICANO. Libero manuale di letteratura latinoamericana
2013_09_07_LAM1900
Fotografie, appunti, letture: l'argentino Andrés Neuman compone un album sentimentale della letteratura latinoamericana, fatto di autori noti e meno noti.
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Quasi come essere accomodati su un divano a sfogliare un album di famiglia, seduto accanto a noi a sfogliarne le pagine l'argentino Andrés Neuman, giornalista, blogger e acclamato romanziere. Quello che mostra con acume e delicatezza è una selezione di uomini (e donne) straordinarie che hanno fatto la storia della letteratura latinoamericana, la sua personale storia letteraria sentimentale, personaggi che ama definire 'eroi', o addirittura 'supereroi'. Una scelta ristretta ad autori del secolo XX, fatta eccezione per l'autrice con cui Neuman introduce il pubblico nel suo mondo di scrittore affascinato dalla letteratura fin da bambino, quando fingeva di saper leggere: Suor Juana. Di lei dice che «se avesse parlato inglese, a Hollywood avrebbero già girato un film della sua vita» e che «per la letteratura barocca latinoamericana è importante quasi quanto Góngora e Quevedo per quella spagnola». Addirittura il premio nobel Octavio Paz, notoriamente misogino, dedicò un saggio di più di settecento pagine alla sua letteratura, una poesia barocca, arzigogolata e codificata che fu costretta a rinnegare per sfuggire all'Inquisizione Spagnola.
Le fotografie scorrono sullo sfondo, ed ecco un bianco e nero di Borges ad occhi chiusi, scelto per rappresentare la sua cecità, ma anche «un modo di vedere o di astrarre il mondo, che solo ad occhi serrati si può avere». Tutti gli aneddoti che Neuman propone si basano sulla cecità che colpì Borges in età avanzata: dall'elezione a Direttore della Biblioteca Nazionale, tragedia che l'autore raccontò elegantemente dicendo in poesia di aver ricevuto insieme 'i libri e la notte', ai numerosissimi viaggi che intraprese da cieco raccontati nella raccolta "Atlante", per arrivare all'ossessione per il colore giallo, unica tinta che fosse in grado di riconoscere nonostante la malattia e per la quale aveva da sempre una propensione («si pensi alla ricorrenza della tigre, che è gialla, nell'opera del maestro» fa ricordare Neuman), quasi avesse avuto una di quelle premonizioni di cui gli piaceva tanto scrivere.
È la volta di Juan Carlos Onetti, uruguayano, «il migliore aggettivatore della lingua spagnola», nonché autore di uno dei romanzi preferiti di Neuman, "Il cantiere". Scrittore sinistro e solitario che, come Borges, vinse il Premio Cervantes ma non il Nobel e che, come García Marquez, inventò una città dall'immaginario magico e potente, Santa Maria. Visse gli ultimi vent'anni della sua vita senza alzarsi dal letto, «non perché fosse malato, ma perché non aveva voglia!», creando attorno a sé un'immagine di autodistruzione che ancora perseguita il suo personaggio. Conclude ridendo Neuman «La domanda da un milione di dollari è se si alzasse mai dal letto. E la risposta è: sì, quando cenava con Borges!».
Nella pagina successiva dell'album nuovamente una figura femminile e nuovamente un cognome italiano: Alfonsina Storni, la poetessa più influente della letteratura argentina della prima metà del XX secolo. Nata e cresciuta per i primi anni di vita nella Svizzera italiana, fu amante dello scrittore Horacio Quiroga e sempre tendente alla depressione, nonostante tutte le fotografie la ritraggano sorridente e maliziosa. «Di solito chi sorride molto, raramente è felice» ci mette in guardia Neuman; infatti Alfonsina, malata da anni di cancro, si suicidò, buttandosi da un ponte e non addentrandosi in mare come raccontano le leggende romantiche costruite attorno alla sua figura, lasciando una consapevole poesia di commiato che recitava «Se lui chiama di nuovo digli che non insista, sono andata».
Lui era forse Quiroga, il primo grande autore latinoamericano di racconti del XX secolo, che nonostante la sua importanza fu sempre estraneo alla sua epoca. Dopo essere stato a Parigi durante l'Esposizione Universale del 1900 per trovare la sua rivelazione letteraria come tutti gli scrittori della sua generazione se ne andò deluso: «L'avevano colpito solo le biciclette: incontro fra civiltà e naturalezza»; decise allora di ritirarsi nella foresta urugayana per essere un 'narratore selvatico'.
Ultima fotografia, ma non per importanza, quella del grande Roberto Bolaño, un autore complesso attorno a cui si è creata una 'leggenda anglosassone' che lo voleva vagabandare per le strade di Città del Messico sempre ubriaco e drogato come un membro della Beat Generation, o come uno dei suoi 'detective selvaggi'. In realtà Neuman ritrae una persona comune che beveva soprattutto camomilla, ossessionata da qualche dente mancante e che oscillava fra un'idea di mascolinità epica tradizionale ed una parodica, così come fra foto di copertina dissacranti e primopiani mainstream, pur sempre con una certa genialità, come nella foto con una foglia nel taschino, gioco di parole fatto immagine ('hoja' in spagnolo significa foglia, ma anche foglio di carta, materia prima dello scrittore).
L'album è finito, il cerchio si chiude e il pubblico si conto che l'ultima immagine del nostro percorso fra i volti della letteratura latinoamericana è proprio quella di Andrés Neuman, di cui lo stesso Bolaño ha asserito: «la letteratura del XXI secolo sarà affar suo e di pochi suoi fratelli di sangue».
Le fotografie scorrono sullo sfondo, ed ecco un bianco e nero di Borges ad occhi chiusi, scelto per rappresentare la sua cecità, ma anche «un modo di vedere o di astrarre il mondo, che solo ad occhi serrati si può avere». Tutti gli aneddoti che Neuman propone si basano sulla cecità che colpì Borges in età avanzata: dall'elezione a Direttore della Biblioteca Nazionale, tragedia che l'autore raccontò elegantemente dicendo in poesia di aver ricevuto insieme 'i libri e la notte', ai numerosissimi viaggi che intraprese da cieco raccontati nella raccolta "Atlante", per arrivare all'ossessione per il colore giallo, unica tinta che fosse in grado di riconoscere nonostante la malattia e per la quale aveva da sempre una propensione («si pensi alla ricorrenza della tigre, che è gialla, nell'opera del maestro» fa ricordare Neuman), quasi avesse avuto una di quelle premonizioni di cui gli piaceva tanto scrivere.
È la volta di Juan Carlos Onetti, uruguayano, «il migliore aggettivatore della lingua spagnola», nonché autore di uno dei romanzi preferiti di Neuman, "Il cantiere". Scrittore sinistro e solitario che, come Borges, vinse il Premio Cervantes ma non il Nobel e che, come García Marquez, inventò una città dall'immaginario magico e potente, Santa Maria. Visse gli ultimi vent'anni della sua vita senza alzarsi dal letto, «non perché fosse malato, ma perché non aveva voglia!», creando attorno a sé un'immagine di autodistruzione che ancora perseguita il suo personaggio. Conclude ridendo Neuman «La domanda da un milione di dollari è se si alzasse mai dal letto. E la risposta è: sì, quando cenava con Borges!».
Nella pagina successiva dell'album nuovamente una figura femminile e nuovamente un cognome italiano: Alfonsina Storni, la poetessa più influente della letteratura argentina della prima metà del XX secolo. Nata e cresciuta per i primi anni di vita nella Svizzera italiana, fu amante dello scrittore Horacio Quiroga e sempre tendente alla depressione, nonostante tutte le fotografie la ritraggano sorridente e maliziosa. «Di solito chi sorride molto, raramente è felice» ci mette in guardia Neuman; infatti Alfonsina, malata da anni di cancro, si suicidò, buttandosi da un ponte e non addentrandosi in mare come raccontano le leggende romantiche costruite attorno alla sua figura, lasciando una consapevole poesia di commiato che recitava «Se lui chiama di nuovo digli che non insista, sono andata».
Lui era forse Quiroga, il primo grande autore latinoamericano di racconti del XX secolo, che nonostante la sua importanza fu sempre estraneo alla sua epoca. Dopo essere stato a Parigi durante l'Esposizione Universale del 1900 per trovare la sua rivelazione letteraria come tutti gli scrittori della sua generazione se ne andò deluso: «L'avevano colpito solo le biciclette: incontro fra civiltà e naturalezza»; decise allora di ritirarsi nella foresta urugayana per essere un 'narratore selvatico'.
Ultima fotografia, ma non per importanza, quella del grande Roberto Bolaño, un autore complesso attorno a cui si è creata una 'leggenda anglosassone' che lo voleva vagabandare per le strade di Città del Messico sempre ubriaco e drogato come un membro della Beat Generation, o come uno dei suoi 'detective selvaggi'. In realtà Neuman ritrae una persona comune che beveva soprattutto camomilla, ossessionata da qualche dente mancante e che oscillava fra un'idea di mascolinità epica tradizionale ed una parodica, così come fra foto di copertina dissacranti e primopiani mainstream, pur sempre con una certa genialità, come nella foto con una foglia nel taschino, gioco di parole fatto immagine ('hoja' in spagnolo significa foglia, ma anche foglio di carta, materia prima dello scrittore).
L'album è finito, il cerchio si chiude e il pubblico si conto che l'ultima immagine del nostro percorso fra i volti della letteratura latinoamericana è proprio quella di Andrés Neuman, di cui lo stesso Bolaño ha asserito: «la letteratura del XXI secolo sarà affar suo e di pochi suoi fratelli di sangue».