08/09/2013
Ahmed Mourad con Elisabetta Bartuli
2013_09_08_202
«Ero sul punto di esplodere perché avevo vissuto una vita doppia, come il dottor Jekyll e mister Hyde». Classe '78, regista e scrittore, per cinque anni Ahmed Mourad è stato fotografo personale di Hosni Mubarak e, seguendolo passo passo, ha cominciato ad accorgersi del crescere del malcontento, intuendo che si era vicini allo scoppio di un sentimento rivoluzionario nella popolazione egiziana. Per non correre il rischio di essere arrestato o torturato, ha iniziato a scrivere, così da trasporre su carta e su schermo i propri sentimenti. Il risultato del ribollire dei suoi pensieri è "Vertigo", il primo poliziesco di successo del mondo arabo che racconta di una tragica vicenda ambientata al Cairo. Mourad prosegue con "Polvere di diamante" la sua lettura della contemporaneità attraverso la scrittura. Lo incontra Elisabetta Bartuli, esperta di letteratura araba.
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L'incontro tra Ahmed Mourad, scrittore egiziano, ed Elisabetta Bartuli, esperta di letteratura araba, si è rivelato un'ora e mezza di vera magia.
Mourad racconta storie poliziesche in un Egitto in cui questo genere è davvero poco diffuso. «Il thriller, le emozioni, le viviamo tutti i giorni, ogni giorno, i gialli li raccontano i giornali. E soprattutto per raccontare un poliziesco dobbiamo pensare che esista almeno un poliziotto buono, cosa che in Egitto fino alla rivoluzione era impensabile».
Ovviamente ascoltare Mourad significa sentir parlare delle sue storie, dei personaggi, delle donne forti che utilizza, ma anche della situazione attuale nel suo Paese. Si sente fortunato ad essere scrittore oggi, perché iniziando quasi per scherzo, postando le prime pagine dei libri su Facebook per far piacere agli amici, oggi è diventato una delle voci del popolo arabo in un momento particolarmente importante, quasi come fosse 'uno storiografo', e questo dovere morale lo guida nella scrittura.
Diversamente da quanto succedeva in passato, oggi il popolo egiziano ha cominciato a leggere (siamo già all'ottava ristampa del suo primo libro, "Vertigo") e a combattere. Il problema infatti non è mai stata la censura, «in Egitto si può pubblicare di tutto, basta che non tratti Dio e il sesso», ma il vero problema era l'abitudine alla lettura poco diffusa nella popolazione e la conseguente mancanza di reazione.
Lui stesso, ex fotografo di Mubarak, ha consegnato un paio di copie all'ex dittatore e non ha mai subito ritorsioni in merito, «probabilmente non ne ha mai letto nemmeno una pagina».
Proprio sulla sua 'vita precedente' di fotografo per il regime, si concentrano le domande del pubblico. Mourad racconta di come, fresco di laurea in cinematografia, abbia vinto il concorso e abbia passato un primo periodo di grande entusiasmo, interessato solo a far bene tecnicamente, a fare belle foto, a consegnare immagini importanti alla storia.
In seguito ha iniziato a capire la della mentalità di palazzo, dei militari, e soprattutto a comparare la vita delle cerimonie dove tutti apparivano felici e tranquilli, al disastro nelle città e nelle campagne, alle repressioni violente della polizia nei confronti del popolo che protestava in piazza. Poi il tutto è sfociato nella prima e nella seconda rivoluzione, grazie alla quale oggi polizia e popolo sembrano finalmente «parte dello stesso corpo».
Mourad racconta dell'amore che gli egiziani hanno per l'Italia, patria degli spaghetti e primo approdo verso l'Europa, e della voglia che l'Egitto ha oggi di rialzarsi. È un Egitto fatto di donne forti che per la prima volta combattono e scendono in piazza per i loro diritti, di uomini che voglio ripartire dalla parola, dalla cultura, dalla letteratura. E proprio per questo partecipare al Festivaletteratura l'ha incantato e gli ha dato nuova speranza per il futuro arabo: «Questa serie di volontari in maglietta blu al servizio dei lettori in giro per la città quasi mi commuove. In Egitto queste cose non esistono, qui siete avanti di almeno cinque anni, ma appunto, ne riparleremo tra cinque anni».
Mourad racconta storie poliziesche in un Egitto in cui questo genere è davvero poco diffuso. «Il thriller, le emozioni, le viviamo tutti i giorni, ogni giorno, i gialli li raccontano i giornali. E soprattutto per raccontare un poliziesco dobbiamo pensare che esista almeno un poliziotto buono, cosa che in Egitto fino alla rivoluzione era impensabile».
Ovviamente ascoltare Mourad significa sentir parlare delle sue storie, dei personaggi, delle donne forti che utilizza, ma anche della situazione attuale nel suo Paese. Si sente fortunato ad essere scrittore oggi, perché iniziando quasi per scherzo, postando le prime pagine dei libri su Facebook per far piacere agli amici, oggi è diventato una delle voci del popolo arabo in un momento particolarmente importante, quasi come fosse 'uno storiografo', e questo dovere morale lo guida nella scrittura.
Diversamente da quanto succedeva in passato, oggi il popolo egiziano ha cominciato a leggere (siamo già all'ottava ristampa del suo primo libro, "Vertigo") e a combattere. Il problema infatti non è mai stata la censura, «in Egitto si può pubblicare di tutto, basta che non tratti Dio e il sesso», ma il vero problema era l'abitudine alla lettura poco diffusa nella popolazione e la conseguente mancanza di reazione.
Lui stesso, ex fotografo di Mubarak, ha consegnato un paio di copie all'ex dittatore e non ha mai subito ritorsioni in merito, «probabilmente non ne ha mai letto nemmeno una pagina».
Proprio sulla sua 'vita precedente' di fotografo per il regime, si concentrano le domande del pubblico. Mourad racconta di come, fresco di laurea in cinematografia, abbia vinto il concorso e abbia passato un primo periodo di grande entusiasmo, interessato solo a far bene tecnicamente, a fare belle foto, a consegnare immagini importanti alla storia.
In seguito ha iniziato a capire la della mentalità di palazzo, dei militari, e soprattutto a comparare la vita delle cerimonie dove tutti apparivano felici e tranquilli, al disastro nelle città e nelle campagne, alle repressioni violente della polizia nei confronti del popolo che protestava in piazza. Poi il tutto è sfociato nella prima e nella seconda rivoluzione, grazie alla quale oggi polizia e popolo sembrano finalmente «parte dello stesso corpo».
Mourad racconta dell'amore che gli egiziani hanno per l'Italia, patria degli spaghetti e primo approdo verso l'Europa, e della voglia che l'Egitto ha oggi di rialzarsi. È un Egitto fatto di donne forti che per la prima volta combattono e scendono in piazza per i loro diritti, di uomini che voglio ripartire dalla parola, dalla cultura, dalla letteratura. E proprio per questo partecipare al Festivaletteratura l'ha incantato e gli ha dato nuova speranza per il futuro arabo: «Questa serie di volontari in maglietta blu al servizio dei lettori in giro per la città quasi mi commuove. In Egitto queste cose non esistono, qui siete avanti di almeno cinque anni, ma appunto, ne riparleremo tra cinque anni».