05/09/2014 - Liberté, égalité, fraternité. Tre parole per la rivoluzione digitale
ÉGALITÉ
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Con l'avvento delle nuove tecnologie si ha l'impressione che sia iniziata una stagione più democratica per quanto riguarda l'accesso alle conoscenze e all'informazione, avendo a disposizione un patrimonio sterminato di fonti e risorse. Analogamente, il web 2.0 ha permesso di moltiplicare le esperienze di cittadinanza attiva, oltre a far nascere movimenti sociali e politici che hanno fatto della partecipazione attraverso la rete il vessillo della loro azione di rinnovamento. Ma l'accesso a internet è veramente paritario? Giova l'orizzontalità delle fonti alla formazione di un sapere critico? E quale idea di democrazia si sta affermando attraverso il web? Da questi interrogativi parte il confronto di Roberto Casati con Marina Petrillo, curatrice di Alaska, un blog/programma radiofonico di Radio Popolare interamente realizzato con materiali provenienti dalla rete.
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Con "Égalité" si è chiuso il ciclo di appuntamenti dedicato alla rivoluzione digitale e sintetizzato dal celeberrimo motto della rivoluzione francese. Marina Petrillo, giornalista e voce di Radio Popolare con la trasmissione "Alaska", e autrice dell'omonimo blog, ha condotto il pubblico attraverso i forti cambiamenti che la notizia e il suo percorso hanno subito nell'era del web accessibile a tutti (o quasi) e nel quale tutti possono passare da fruitori a produttori di informazioni, ricollegandosi così a quel concetto di 'content producer' di cui già si era parlato nel primo incontro con Juan Carlos De Martin. Il primo punto affrontato è stato quello sulla diffidenza dei media tradizionali nei confronti di questa nuova 'filiera' della notizia. Come ha ben spiegato Petrillo «quelli che prima decidevano chi doveva pubblicare, come doveva farlo e quando, si è improvvisamente sentito assediato». Un disorientamento che nonostante qualche caso eccezionale ancora stenta a svanire, almeno nel nostro paese. Petrillo ha poi continuato spiegando come, nonostante l'apparente semplicità del media, a parità di accesso c'è un grande divario tra gli utenti che si muovono consapevolmente sul web e quelli che invece si limitano ad un utilizzo relativamente intuitivo e superficiale. Ma il grande aumento dell'utenza negli ultimi anni, anche grazie alla diffusione in molte zone del mondo di strumenti mobile a costi accessibili, ma in grado di rivelarsi delle vere e proprie work station, ha permesso anche in determinati contesti la nascita e la scoperta di talenti. Marina Petrillo ha portato l'esempio dell'Egitto, dove durante la primavera araba sono emersi moltissimi talenti, dai grafici a videomaker, passando per i blogger, specificando però che il web probabilmente ha portato soprattutto alla luce una comunità, attiva, di cui prima probabilmente non si aveva reale coscienza. Dalla primavera araba al tema delle fonti il passo è stato breve. Quello che Petrillo ha evidenziato è come sia necessaria in primis una alfabetizzazione dei giornalisti che non sempre evitano il rumore di fondo che avvolge la notizia. In merito cita il caso del "Bostone Globe" che durante le concitate ore che seguirono l'attentato della maratona non pubblicò il nome rilasciato dalle autorità di un sospettato, poi rivelatosi estraneo ai fatti, ma anzì aspettò. Questo atteggiamento, non lanciarsi sulla notizia subito e aspettare, alla lunga paga in reputazione e autorevolezza. Lo stesso vale sui nuovi media. Poi un invito al pubblico: «anche voi potreste, anzi dovreste, controllare quando ad esempio vi taggano su una determinata foto di Facebook. Ci sono strumenti, ad esempio quello di Google immagini, che permettono di verificare abbastanza bene se quella foto corrisponde alla reale didascalia o testo che la accompagna». Il motivo di questo invito è semplice. In questa era digitale siamo tutti connettori, nodi, e quindi potenziali portatori e ripetitori di errori. Tornando alle fonti, Petrillo spiega come spesso le news che arrivano ai giornali siano già di seconda o terza mano. All'origine del percorso della notizia spesso c'è dietro un freelance, sul campo, che macina scarpe e chilometri alla vecchia maniera, ma che è anche in grado di selezionare e veicolare la notizia autonomamente attraverso i nuovi media. In mezzo a questo percorso della notizia sta però emergendo una nuova figura, che diventerà sempre più importante: il 'content curator'. Ovvero colui che nel mare di notizie che gravita su internet, tra frammenti, contenuti audio, video, testuali, foto, è in grado, spesso anche grazie ad una sua rete di contatti e fonti, di filtrare e selezionare i contenuti davvero utili tralasciando quelli che poi vanno a formare il cosidetto rumore di fondo. Questo ruolo può non essere necessariamente ricoperto da un professionista, ma ad esempio da blogger che sono sul campo e che si pongono a mezza strada tra l'origine della notizia e i giornalisti e le redazioni.