04/09/2014 - Liberté, égalité, fraternité. Tre parole per la rivoluzione digitale
FRATERNITÉ
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Chiedere a una persona da poco conosciuta se ha un profilo Facebook o se usa Whatsapp è un'abitudine sempre più diffusa. Web e smartphone hanno aperto nuove aree di relazione virtuale che riducono le distanze spazio/temporali e aumentano le opportunità d'incontro: non solo siamo (o ci sentiamo) più vicini alle persone più care, ma possiamo ampliare all'infinito la nostra rete di amicizie. Ma si tratta di legami reali o sensazioni illusorie? Di che cosa sono fatti i nostri rapporti su internet? Antonio Casilli, docente di Digital Humanities presso il Paris Tech, discute con Roberto Casati sul cambio di segno che le nuove tecnologie stanno portando alle nostre relazioni sociali dentro e fuori il mondo virtuale.
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Antonio Casilli, professore associato di Digital Humanities presso il Telecom ParisTech e ricercatore in Sociologia presso il Centro Edgar Morin, ha tenuto il secondo incontro sulla rivoluzione digitale. Dopo l'appuntamento di giovedì con Juan Carlos De Martin, incentrato sulla privacy, quello di ieri riprendendo proprio dal medesimo tema si è poi concentrato sulle relazioni sociali. Partendo da cosa condividiamo, ha aperto con il caso di Jeff Jarvis, giornalista, che sul suo blog nel 2009 condivise con i lettori i progressi del suo tumore alla prostata. La domanda che Casilli si è posto è la seguente: «se la condizione sociale di Jarvis (bianco, benestante, conosciuto) fosse stata diversa il post avrebbe ottenuto lo stesso effetto?». Siamo quello che condividiamo, o sono le nostre reti e relazioni sociali a determinarlo? O meglio, sono gli algoritmi alla fine di tutto a decidere per noi? Probabilmente in buona parte sì. Casilli ha poi spiegato come su Facebook si usi la nozione di amicizia non come l'abbiamo imparata tra i banchi di scuola, ma per definire quello che banalmente non è altro che due profili connessi. L'utilizzo della metafora amicizia, da ben prima di Facebook (si pensi a MySpace) è un'astuzia usata da chi crea le piattaforme di social networking. Ma e i nostri amici sui social? Qui bisogna dividere in due categorie: relazioni forti e relazioni deboli. Le prime sono le persone che magari conosciamo bene, di persona. Amici, colleghi, famigliari. Le seconde possono essere ad esempio persone con cui siamo entrati in contatto in rete, a volte perfetti sconosciuti. Le prime però quasi per paradosso posso essere limitanti, in quanto ben conosciute e dunque potenzialmente prive di stimoli, mentre i legami deboli potrebbero rivelarsi una sorta di prolunga cognitiva che può risultare stimolante. Certo, c'è da sottolineare che i perfetti sconosciuti, come dice Casilli, potrebbero non essere così perfetti. Tendiamo però a tenerli comunque nelle nostre cerchie e a sviluppare modi per mantenerli. Questo barcamenarsi aiuta a sviluppare un apprendimento di codici ed etichette totalmente diverse da quelle apprese da giovani nella vita reale. Ma in mezzo a tutto questo ci sono gli algoritmi, che Casilli ha definito come una sorta di ricetta che ti dice che ingredienti prendere per creare un determinato piatto. Perfetto per te. Casilli ha poi spiegato come gli algoritmi, che incidono fortemente sulla creazione delle nostre reti sociali, non sono creati tanto per farci stare meglio, ma piuttosto per farci restare collegati più a lungo e dunque carpire ancor più dati e abitudini, che come diceva ieri Juan Carlos De Martin sono oro per le aziende, e massimizzare i profitti. Si ritorna dunque all'inizio, alla privacy e a casi come quelli che hanno visto coinvolta l'NSA e che ha messo in allarme anche i grandi big del web, inconsapevoli, a loro dire, che il governo USA prendesse illegalmente più dati di quelli che già venivano forniti lecitamente. Oggi l'ultimo appuntamento sulla rivoluzione digitale, "Egalité", con Marina Petrillo, per parlare di cittadinanza attiva, movimenti e accesso a internet.