05/09/2003 - In Limine
. Quando la poesia si contamina

DALLE SPONDE DEL MARE BIANCO

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Da diverso tempo i Dounia veleggiano sul Mediterraneo alla ricerca di sonorità antiche da rielaborare. Nasce così naturale l'incontro con Moncef Ghachem, il poeta pescatore di Madia, cantore delle antiche tradizioni del mare bianco che da sempre legano la Tunisia alla Sicilia.
 Faisar Taher voce; Vincenzo Gangi chitarra, voce; Giovanni Arena contrabbasso, voce; Riccardo Gerbini percussioni; Moncef Ghachem voce recitante; Ivana Vitaliti voce recitante.

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Italiano
La pallida quiete di un tardo pomeriggio di echi, di nuvole, di ombre senza luce. L'atmosfera discreta di piazza Alberti cela una malinconia informe, che tuttavia in un momento si fa sfumatura di un cielo lontano, di una linfa ancestrale che rimesta l'oblio di un sangue che è nel profondo di ognuno di noi. Un tenue vibrare di corde, l'accenno di un dialogo tra violoncello e chitarra, e dalle sponde del mare bianco giungono suoni che cantano un canto alla vita, voci di antico dolore che sperano ancora, il mare e l'azzurro negli occhi, impazzite di gioia e d'amore; la lacerazione della nostalgia. Con i versi di Monchef Ghachem, in un intreccio di lingue (l'arabo, il francese, l'italiano e il siciliano), di sentimenti, di culture e ricordi, compiamo, forse senza rendercene conto, un viaggio tra le correnti di quel mare nostro che fu di Omero, tra mito e riflessi violacei. La nostra rotta ricalca le peregrinazioni di mille e altri mille migranti che si lasciano alle spalle un'infanzia vissuta tra reti di pescatori e variopinti mercati, sabbia e orizzonte, ora lontani, ma più che mai palpitanti nel cuore. E allora anche noi respiriamo su quel ritmo, ritmo del cammino, di ieri e di oggi, sulla nostra strada.

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