07/09/2006 - Un'idea di Dante


DANTE E I PASTORI DELL'APPENNINO


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Sull'Appennino reggiano, d'inverno i pastori si ritrovavano nelle stalle ad aspettare la notte. Alcuni di loro raccontavano storie, altri recitavano la "Commedia" a memoria, scandendo il poema come una litania, fino al sopraggiungere del sonno. Giovanni Lindo Ferretti rinnova nella sua lettura il Dante di quei pastori.

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Italiano
Giovanni Lindo Ferretti proviene da una famiglia di pastori dell'Appennino tosco-emiliano e fin da piccolo ha sentito recitare il Divino Poeta. Il suo bisnonno conosceva tutta la "Commedia", suo nonno un terzo e suo padre la metà. La particolarità della tradizione orale è quella di essere recitata con un ritmo cantilenante e monotono nelle notti di estate sotto le stelle e in inverno al chiuso dei casolari per addormentarsi. Scopo non era solo passare le serate ma soprattutto imparare a leggere e scrivere perché, oltre a saper far di conto, era importante per i contratti terrieri. Da lì hanno appreso l'immaginario dantesco e un po' di storia, geografia, astronomia e religione. La cantica più recitata resta quella dell'Inferno perché è quella che i contadini conoscono nella quotidianità, aspra e dura come la transumanza. E nella semplicità di pastore Ferretti inizia a recitare Dante sfruttando il ritmo dell'endecasillabo.

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