09/09/2006 - Un'idea di Dante

FRANCESCA E UGOLINO
. Dalla partecipazione al caso pietoso alla "morte della pietà" (Inf. V e XXXIII). 


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Di fronte al caso pietoso di Paolo e Francesca, Dante, profondamente solidale, partecipa della loro sofferenza fino a svenire: «sì che di pietade/ io venni men, così com'io morisse»; di fronte alla vicenda non meno tragica di Ugolino, pur non meno colpito, Dante ostenta un distacco che si connota come 'chiusura' a ogni sentimento di pietà: «Qui vive la pietà quand'è ben morta». Dalla iniziale istintiva 'pietà' per il peccatore punito, alla finale più consapevole 'pietà' per l'umanità oltraggiata.

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Italiano
La prima e l'ultimo dei grandi peccatori che Dante incontra durante il suo viaggio attraverso i gironi infernali: Francesca e Ugolino. L'abbandono alla passione amorosa e il tradimento della patria. Enrico Malato propone una lettura incrociata dei canti V e XXXIII dell'"Inferno". Di fronte al racconto del tragico amore di Francesca Dante è sconvolto da una profonda partecipazione emotiva fino a svenirne: «sì che di pietade/ io venni men, così com'io morisse». Di fronte al racconto non meno tragico di Ugolino Dante ostenta un totale distacco: «Qui vive le pietà quand'è ben morta». L'elemento discriminante per comprendere il mutato atteggiamento del poeta è il ruolo che riveste la ragione nel peccato per cui Francesca e Ugolino sono dannati. La prima ha peccato per debolezza, per aver sottomesso la ragione alla passione. Il secondo ha peccato per «matta bestialità», per aver rivolto la ragione alla cattiveria, al tradimento di chi si fidava.

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