08/09/2006 - Un'idea di Dante


'DIVERSE VOCI...': IL SUONO DELLA COMMEDIA


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Un percorso, con qualche deviazione, dal suono 'nella' "Commedia" al suono 'della' "Commedia", alla ricerca di quanto forma l'«incanto dell'esecuzione» del poema dantesco.

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Italiano
Nel capannone situato all'interno del Palazzo D'Arco si è tenuto il quinto evento del ciclo dedicato alle letture, diversificate ed eterogenee, di Dante. Il titolo cita il 124° verso del VI canto del Paradiso, molto adatto ad esemplificare la polifonia, l'intreccio di voci e melodie (stilistiche e tecniche) all'interno della "Divina Commedia". Per dare saggio di questa caratteristica, lo studioso Claudio Vela ha iniziato con una premessa su vari punti, quali la problematica variantistica e la lingua o, meglio, la calata, con cui leggere più propriamente il poema, indirizzando poi la sua lezione (accompagnata da distribuzione di fotocopie da parte di stanchi alunni liceali, molto probabilmente forzati a presenziare) a dimostrare come nella "Divina Commedia" "tra suono e suono ci sono più cose di quanto la filologia sappia riconoscere». La lettura di brani ha rilevato il frequente fonosimbolismo impiegato da Dante, nell'attenzione alla successione melodiosa di vocali toniche, rime interne, rimandi sonori giocati non solo nell'obbligata posizione finale della rima ma anche e soprattutto diluiti all'interno dell'intero testo: mirando a dimostrare la funzione musicale della sua poesia quale strumento conservatore della lingua attraverso lo svolgersi del tempo, ci si è anche soffermati alla struttura della terzina inventata dall'autore (e in particolar modo alla funzione dell'ultimo verso di ciascuna cantica) ed all'osservazione dell'abilità di Dante di nascondere la poesia, di non ostentarla.

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