05/09/2012

Massimo Gramellini con Federico Taddia

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Nella sua lunga carriera di giornalista, Massimo Gramellini ha scritto di sport, di guerra, di politica. Ha commentato fatti d'attualità, ha dato consigli in materia di cuore, ha collaborato con trasmissioni televisive come "Che tempo che fa". Nel 2010 l'abbiamo visto cimentarsi nella sua prima prova come narratore con "L'ultima riga delle favole", diventato un bestseller in poche settimane. Quest'anno leggiamo il suo secondo romanzo, "Fai bei sogni", una storia intima e dolorosa, autobiografica, incentrata sulla perdita della madre. Introduce lo scrittore e conduttore radiofonico Federico Taddia.
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Le opere di narrativa di Massimo Gramellini, più profonde degli articoli giornalistici di per sé, colpiscono il lettore e trovano un così ampio riscontro, per il sentimento e la passione che riesce a comunicare. Non solo, nel suo ultimo libro, ripercorre gli avvenimenti della sua vita, ma scrutando se stesso rivela anche il suo dolore, la sua sofferenza, così la sua ricerca diventa quella del lettore, che trova i suoi bisogni rappresentati, rivede lo stesso suo desiderio di trovare un senso alla vita.
Questo è stato il sentimento con cui hanno accolto Gramellini oggi, in Piazza Castello, le tante persone accorse per poter ascoltare, vedere, conoscere finalmente un autore che hanno sentito così vicino, attraverso i suoi libri.
E questo è anche quanto lui stesso ci racconta di aver scoperto, cioè molte persone, dopo il suo ultimo libro "Fai bei sogni", lo hanno contattato con il desiderio di condividere la propria esperienza, di esprimere empatia verso di lui e quello che ha vissuto.
Noi tutti, come Gramellini racconta, cerchiamo la verità, e spesso questo percorso prende il via da uno strappo, una rottura, un momento in cui un abisso si apre e in quel momento, attraverso la sofferenza, esattamente come una prova, noi possiamo rivelarci a noi stessi e permetterci di cambiare la nostra vita. Allo stesso modo Gramellini dice a se stesso che il trauma della morte della madre deve lasciare un'utilità dopo il dolore, deve costituire un'esperienza a cui trovare un senso, non può essere un avvenimento che lo faccia vivere ripegato sul passato, in un atteggiamento di declino, ma deve forgiarlo, attraverso la sofferenza, ed instillargli la necessità di uno scatto morale, verso il futuro, con i suoi desideri, i suoi sogni e i suoi progetti.
Siamo noi che non riusciamo più a credere in quello che facciamo, non abbiamo più fame, non abbiamo più voglia di arrivare. Siamo saturi, perché abbiamo avuto già tutto, ed ora non facciamo altro che lottare per salvare ciò che abbiamo. Ed è terribile vivere con l'ansia per quello che ci possono togliere, anziché con lo spirito di scoprire, affamati, cose nuove, mondi nuovi, nuove possibilità di lavoro, di vita.
E spesso questa resa la troviamo vicino a noi, nelle nostre famiglie. Gramellini racconta la storia di sé, orfano di madre, ma ci dice che: «esistono anche tanti orfani di genitori vivi», che molte persone gli confessano: «i miei genitori non sono morti, ma hanno fatto morire me». Ecco che allora i libri diventano lo specchio attraverso il quale possiamo vedere i nostri dolori, gli orrori della nostra vita, che accettiamo senza rendercene conto. La famiglia è il luogo centrale dove accadono le cose più belle e le più terribili. Addirittura Gramellini ci racconta di persone anziane, che parlano dei propri genitori ancora con dolore e con rabbia, che non hanno mai fatto i conti con il loro rancore.
Lui stesso ci parla del suo rancore, che ha dovuto affrontare, di un senso di credito che sentiva di vantare nei confronti del mondo come se qualcosa gli fosse dovuto, e nei confronti della madre, che con quel gesto pareva averlo abbandonato, rifiutato; ma ci spiega di aver capito quanto sia sterile, e brutto, avere un tale atteggiamento con cui aspettarsi tutto dagli altri, e per cui niente sarà mai abbastanza. Dobbiamo invece coltivare e cercare l'amore, non inteso come amore ricevuto, ma, citandoci il "Simposio" di Platone, come amore donato. Perché non troveremo la felicità nel ricevere, dato che quello che riceveremmo non ci basterebbe mai, ma nel donare potremo scoprire la verità dell'amore.
Infine come sogno, o possibile progetto futuro, Gramellini ci rivela che gli piacerebbe molto scrivere delle favole, nelle quali vede tutta la purezza e la semplicità della morale trasmessa ai bambini, ancora meglio dei romanzi, perché le favole hanno dei concetti puri e semplici. Perché nelle favole, c'è un po' di poesia. 

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