06/09/2012 - Le parole del giornalismo

MANGIAMOCI LE PAROLE

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Bulimia: è questa la parola che viene in mente pensando ad articoli, speciali, inserti, giochi televisivi, canali satellitari tematici dedicati al cibo. Piatti di stagione, specialità locali, prodotti autoctoni fanno notizia per 365 giorni all'anno, ma il dubbio è che si punti sempre più sull'intrattenimento piuttosto che provare a parlare in modo serio e responsabile di alimentazione. Senza contare poi che, scrivendo di cucina, scavallare dall'informazione alla pubblicità è un attimo. Licia Granello, giornalista e autrice di "Il gusto delle donne", e Giovanni Assante, antropologo e pastaio napoletano, discutono di come mettere in pagina un'informazione sul cibo nutriente, gustosa e senza eccessi.
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Italiano
Scrivere di cibo, di quello che mangiamo. Non solo quando quello che mangiamo diventa oggetto di cronaca, mozzarelle blu o frutta e verdura fatte crescere più a forza di diserbanti che acqua. Scrivere di cibo quotidianamente, o quasi, perché il cibo coinvolge salute,ambiente ma anche aspetti sociali: è in tutto e per tutto uno degli elementi fondamentali della nostra vita. Un tema importante, ma che a differenza di altri trova solo uno spazio risicato nei principali quotidiani e riviste. Ne ha parlato Licia Granello, una delle poche giornaliste italiane (anzi, forse l'unica) a potersi fregiare della qualifica di 'food editor', ruolo che svolge, ormai da oltre dieci anni, per le pagine di "Repubblica", dopo essersi occupata per molti anni di calcio.
Data l'importanza del cibo nella nostra vita, è necessario, quando affrontiamo questo argomento, sapere utilizzare i termini esatti: sono quelli che ci possono permette di scegliere davvero il nostro cibo e non subirlo passivamente facendo sì che sia la pubblicità a decidere per noi. Come in medicina, non si può abusare di termini generici: non basta parlare di torta di mele, bisogna specificare di che mele si tratta, perché una qualità è diversa dall'altra, come gusto, ma anche compostezza, farinosità e tempo di cottura. Lo stesso vale per la carne, come ha sottolineato la Granello: il fatto che i polli siano allevati a terra non ci dice nulla delle loro reali condizioni, possono essere costretti lo stesso a gabbie minuscole, ammassati l'uno sull'altro, con il becco tagliato e senza aver quasi la possibilità di muoversi. Insomma, non proprio l'esempio di quella che si può definire una vita sana. Un tema, questo, molto caro anche allo scrittore americano Jonathan Safran Foer, che dopo la nascita del primo figlio ha pubblicato un saggio, "Eating animals", che affronta questi temi, ribaltando luoghi comuni e dicerie. Chi lo legge, deve sapere che dopo quelle righe non osserverà più nessuna confezione di carne con gli stessi occhi di prima.
Un'attenzione al linguaggio che utilizziamo quando parliamo di cibo con cui si è dimostrato concorde anche Giovanni Assante, antropologo, e contemporaneamente uno dei più famosi pastai italiani, presente all'incontro anche visto «il forte impatto culturale che la pasta ha in Italia». 
Parlare e scrivere di cibo è importante per dare a questa materia, spesso considerata dal punto di vista giornalistico di "basso profilo", una valenza maggiore. Un modo può anche essere quello di raccontare il cibo attraverso le persone che lo producono, come fatto dalla Granello nel suo "Il gusto delle donne" che propone venti ritratti di donne che hanno fatto della tavola la loro missione. Storie di alimenti curati con la stessa attenzione che si darebbe a un figlio, di piante controllate ogni giorno e formaggi e vini prodotti prendendosi tutto il tempo necessario. Ad assaggiarli si noterà la differenza, non ci sono dubbi. 

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