08/09/2012 - Lavagne. Esempi di scrittura musicale
CLASSICA MA NON TROPPO. QUANDO LE CULTURE PARLANO IN MUSICA / BLUES & ROOTS. COME LA MUSICA SI INVENTA LE RADICI
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Lato A - Classica CLASSICA MA NON TROPPO. QUANDO LE CULTURE PARLANO IN MUSICA
Le reciproche influenze di musica colta e musica popolare sono una delle grandi costanti della Storia della Musica occidentale. E forse solo oggi, in un'epoca in cui il confronto tra culture differenti è ormai diventato quotidiano, siamo in grado di comprendere ed apprezzare il modo in cui la musica ha saputo accogliere suggestioni della più varia provenienza.
A cura di Orchestra da Camera di Mantova. Musiche di A. Vivaldi e B. Bartok.
I Solisti dell'Orchestra da Camera di Mantova: Filippo Lama e Cesare Carretta, violini; Gregorio Buti, violoncello . Lato B - Jazz BLUES & ROOTS. COME LA MUSICA SI INVENTA LE RADICI
Il jazz degli anni Cinquanta, la scoperta della tradizione e la costruzione della Storia. Un viaggio tra ascolti e immagini, da Ray Charles a Charles Mingus, dal soul jazz a Miles Davis all'espansione globale del jazz.
Le reciproche influenze di musica colta e musica popolare sono una delle grandi costanti della Storia della Musica occidentale. E forse solo oggi, in un'epoca in cui il confronto tra culture differenti è ormai diventato quotidiano, siamo in grado di comprendere ed apprezzare il modo in cui la musica ha saputo accogliere suggestioni della più varia provenienza.
A cura di Orchestra da Camera di Mantova. Musiche di A. Vivaldi e B. Bartok.
I Solisti dell'Orchestra da Camera di Mantova: Filippo Lama e Cesare Carretta, violini; Gregorio Buti, violoncello . Lato B - Jazz BLUES & ROOTS. COME LA MUSICA SI INVENTA LE RADICI
Il jazz degli anni Cinquanta, la scoperta della tradizione e la costruzione della Storia. Un viaggio tra ascolti e immagini, da Ray Charles a Charles Mingus, dal soul jazz a Miles Davis all'espansione globale del jazz.
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"Musicalmente", la rivista dell'Orchestra da Camera di Mantova, pubblica nel suo ultimo numero l'appello di Corrado Augias: «Musicisti, uscite dai teatri e andate verso il pubblico!». È esattamente questo tipo di divulgazione che si propongono di realizzare le "Lavagne", attraverso esempi di scrittura musicale. E il pubblico accoglie l'appello affollandosi sulla scalinata di S. Andrea di fronte al palco e circondandolo ad arco tra bici e minibus che passano. Apre la conversazione Carla Moreni, che insegna Letteratura poetica e drammatica all'Università di Trento, collabora a diverse riviste e alla RAI come critico musicale e scrive di musica dal 1986; il suo approccio piacevole e coinvolgente introduce il rapporto tra musica e parole, spiegando come nacque l'opera: la polifonìa diventa monodìa con l'introduzione in musica delle parole, che accentuano il riverbero dei sentimenti e delle emozioni; i righi musicali, prima numerosi, si uniscono in uno solo. Mantova fu protagonista di questa rivoluzione musicale, ospitando nel 1607 al Palazzo Ducale su invito dei Gonzaga la prima rappresentazione dell'Orfeo musicato da Monteverdi con le parole del mantovano Striggio. Fu una scelta geniale e ardita, in seguito mai più imitata, quella di far comparire nel Prologo la personificazione della Musica stessa. L'ascolto di alcuni brani dell'opera, per nulla disturbato anzi esaltato dai rumori della vita serale che scorre attorno, conclude l'intervento di Carla Moreni. È ora Stefano Zenni a prendere la parola: è docente di storia del jazz e delle musiche afroamericane, collaboratore di Società di Musicologia e direttore di seminari, scrittore, redattore e direttore artistico, insomma un'autorità indiscussa nel suo campo. Egli ci introduce a un tema scottante, quello della storicizzazione e della consapevolezza da parte degli artisti del proprio passato; cita a questo proposito il grande storico Eric J. Hobsbawm, già ospite del Festivaletteratura, e la sua teoria dell'Invenzione della tradizione: i jazzisti hanno avuto un rapporto contradditorio con le proprie radici, anzi, negli anni '20 e '30 non erano nemmeno consapevoli di incarnare la prosecuzione di una cultura minoritaria nera oppressa; i primi dischi venivano consumati in pochi mesi e non riprodotti; poi alcuni intellettuali bianchi di sinistra cominciarono a collezionare i dischi e riproducendoli e divenendone negli anni '40 i produttori. Così anche il pubblico comincia legittimare le origini del jazz. Negli anni '50 dominano i musicisti bianchi, tanto che i neri reagiscono entrando in concorrenza riaffermando la propria origine e divenendo più consapevoli del proprio passato. Nel 1955 poi il grande innovatore Ray Charles fonde il genere profano e danzante col gospel spirituale, rendendo comunitaria questa geniale e affascinante commistione. Il resto è storia di oggi. La conversazione si conclude con l'ascolto di un brano di musica spagnola, il cui rifacimento viene commissionato nel '57 ai grandissimi Miles Davis e Gill Evans; questi registrarono per strada un magnifico pezzo di musica popolare religiosa cantata, poi sostituirono alla voce il suono della tromba, con un effetto metamorfico stupefacente. Di fronte a esempi del genere, conclude Stefano Zenni, dobbiamo essere sempre cauti trattando di radici e di tradizioni musicali, perché solo le ricerche e gli studi aperti a valorizzare le scoperte e l'originalità possono costituire la linfa vitale della musicologia e della musicografia.