09/09/2012 - Lavagne. Parole per leggere l'economia
PRECARI
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Una moltitudine di persone che hanno posizioni lavorative l'una diversa dall'altra eppure, in qualche modo, simili. Ma i precari sono veramente utili alla nostra economia? E per quanto tempo ancora useremo questa parola? Quest'anno le "lavagne" si fanno in tre: alle originali spiegazioni di problemi scientifici per sola voce e lavagna, si aggiungono le doppie serate musicali di scrittura e ascolto e il minimo vocabolario economico per comprendere la crisi.
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Italiano
Quando chi scrive ha pronunciato la sua prima parola, 'precari' non era tra le opzioni disponibili, almeno non con il significato che tormenta i suoi quasi-coetanei oggi. Non che ci si voglia lamentare, anzi; che poi, cominciare fin da subito a parlare del proprio destino è una cosa per profeti, una presunzione di cui facciamo a meno. Ma che i precari siano stati costruiti dopo è un fatto: dal 1997, precisamente, ci si è dato dentro, diciamo. Si è lavorato trasversalmente ad un esperimento di ingegneria politica e sociale nemmeno così articolato: è bastato lasciare intatte le regole e le garanzie dei lavoratori meglio organizzati, più pesanti politicamente e già ben inseriti nel mercato del lavoro, e creare dei contratti di serie B per giovani, donne e meno qualificati. Prima disoccupati, poi incastrati negli scaffali di un nuovo supermercato, dove sono loro ad avere una scadenza. Così si creano le condizioni per l'intermittenza dei rapporti di lavoro, che è anticamera della precarietà. Pietro Garibaldi, professore ordinario di Economia Politica all'Università di Torino, è a Festivaletteratura per parlare di loro. Cioè di noi, tra un po'. Sempre che non si trovi una soluzione. Sì perché nel frattempo il problema è esploso, anche se tutto sommato silenziosamente. Forse perché sono tanti, dispersi, diversi. Mentre in pochissimi sono disposti a capirli e rappresentarli. Tra il pubblico delle "Lavagne" la voglia di chiarezza, fortunatamente, è tanta. E alla fine il messaggio è lo stesso più volte scritto a quattro mani con il collega Tito Boeri: da una parte, un contratto unico d'ingresso per tutti i lavoratori, a tempo indeterminato e con tutele progressive; dall'altra, un nuovo apprendistato universitario, per metà nella aule e per metà nelle imprese, che sia veramente professionalizzante e offra un accesso più agevole ad un'occupazione soddisfacente. Per ora, riforme non pervenute.